Clandestini, l'Italia striglia l'Europa
L'Ue: "Stiamo già facendo molto"
Basta con le polemiche. Da qualsiasi parte arrivino. Perché bisogna prima di tutto ricordarsi che i 5 profughi somali dispersi in mare li ha salvati l'Italia. Ma basta anche alla politica dello scaricabarile, perché il nostro Paese non può accollarsi da solo il peso di affrontare la grande immigrazione dall'Africa. Il ministro degli esteri Franco Frattini è tornato ieri, intervenendo all'apertura del Meeting di Rimini, sulla vicenda dei cinque disperati in fuga dalla Somalia sopravvissuti nel Mediterraneo. Chiedendo alla Ue di farsi carico seriamente, anche con risorse finanziarie, del problema dei clandestini che arrivano in Europa dai Paesi più poveri. Ma anche di nominare un «inviato speciale» per la Somalia che diventi il «punto di riferimento costante» per i 27. «Penso che i problemi non debbono essere affrontati con le polemiche ma con le cose concrete — ha esordito il ministro degli esteri — L'Italia certamente di quest'ultima tragedia non è responsabile ma è stata parte della soluzione, perché quei cinque disperati li abbiamo salvati noi. Fino a prova contraria, altri non l'avevano fatto. Quindi, i problemi non si affrontano con polemiche ma creando le condizioni affinché la gente disperata lo sia un po' meno e non venga in Italia, perché l'Italia è la porta dell'Europa». Da qui l'esigenza, per Frattini, di «chiedere all'Europa che si faccia carico dei pesi, degli oneri e delle responsabilità. L'Italia non è in grado di tenere diecimila persone che arrivano a Lampedusa; 27 paesi europei potrebbero dividere in parte la responsabilità». Ed è questa, la «proposta ragionevole» che il governo ha avanzato a Bruxelles». «La politica dell'immigrazione — ha proseguito Frattini — non è il salvataggio delle vite umane. Questo è un dovere assoluto. La politica dell'immigrazione è qualcosa di più complesso che vuol dire garantire ai Paesi di provenienza degli immigrati, specie a quelli dell'Africa sub-sahariana un'alternativa all'immigrazione della disperazione». Una vera politica dell'immigrazione deve, secondo il ministro degli Esteri, garantire a coloro che fuggono da guerre e disperazione, una prospettiva di sviluppo e deve anche includere una «collaborazione con i Paesi di origine e di transito degli immigrati e che i flussi siano regolati». L'alternativa, ha spiegato, è quella di «lasciare disperati in balia del traffico di esseri umani che rappresenta lo schiavismo del XXI secolo». Rispetto all'ipotesi di concedere l'asilo politico ai cinque cittadini eritrei sopravvissuti alla tragedia di Lampedusa, Frattini ha precisato che «si vedrà caso per caso». «L'asilo politico non si dà in blocco — ha spiegato — non si può dire che tutti gli eritrei lo meritano. Certo, la stragrande maggioranza di quelli che vengono dall'Eritrea lo hanno ottenuto». Ma Franco Frattini è intervenuto anche sulle polemiche che sta suscitando la visita di Berlusconi in Libia, spiegando di ritenerla ancora «opportunissima». «Innanzitutto — ha detto — perché Gheddafi è il presidente dell'Unione Africana. Pertanto, non facciamo chiacchiere sull'Africa e poi non incontriamo chi la rappresenta. In secondo luogo, con la Libia, abbiamo dimostrato con il resto del mondo di aver rotto con il colonialismo. Non l'ha fatto nessun altro Paese, ne rivendichiamo il merito. In terzo luogo perché con la Libia abbiamo un rapporto ormai consolidato che non è anzitutto economico, ma è un rapporto di collaborazione mediterranea». Pa. Zap.