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Giovanni Massini Questa torrida estate 2009 verrà sicuramente ricordata per la «Direttiva Maroni sugli autovelox».

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Leapparecchiature di rilevamento elettronico della velocità rappresentano, sicuramente, una risorsa indispensabile per il contenimento dell'incidentalità, ma devono essere utilizzate con discernimento. Troppo spesso s'incappa nelle grinfie di municipalizzate un po' troppo disinvolte, che ti piazzano la macchinetta ben nascosta, mal segnalata e tarata su limiti impossibili da rispettare. Tutta una serie di aziende, poi, offre pacchetti «chiavi in mano», che garantiscono: la messa in opera dei congegni, l'individuazione dei tratti più redditizi (chissà se anche i più pericolosi), la redazione e la spedizione dei verbali. Un pericoloso «fifty-fifty», che in breve ha contagiato l'intera penisola, con scarse garanzie anche sotto il profilo della tutela della privacy. Dati sensibili come quelli sugli spostamenti personali finiscono per essere gestiti, nella maggior parte dei casi, da personale più o meno autorizzato, ma non certo da pubblici ufficiali. Il 21 agosto, il Ministro degli Interni ha emanato una circolare che tenta di rimettere le cose a posto. Non si può parlare di vere e proprie modifiche al Codice della strada, i limiti di velocità e tutto quanto riguarda le distanze dei cartelli ed il posizionamento delle macchinette, resta praticamente invariato. I punti chiave della direttiva: gestione delle apparecchiature affidata solo agli operatori di Polizia; obbligo di controllo periodico di funzionalità degli apparecchi (ove prescritto in fase di omologazione); modalità di segnalazione della presenza delle postazioni di controllo improntate alla massima trasparenza; possibilità di accertamento e contestazione delle violazioni in materia di velocità, anche senza il necessario fermo del mezzo, operazione che può comunque arrecare intralcio alla circolazione; tutela della riservatezza (le foto o le riprese video devono essere trattate solo dal personale degli organi di polizia, appositamente incaricato della gestione dei dati). Altre sostanziali puntualizzazioni riguardano il ruolo dei Prefetti e quello della Polizia Stradale, soprattutto con riferimento alle postazioni fisse. Per chiarire un po' le cose, il CDS stabilisce (Decreto-Legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla Legge 10 agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni), che gli strumenti di rilevazione della velocità, senza l'obbligo di contestazione immediata, gestibili senza la presenza di un agente in loco, possono essere adottati solo su alcune tipologie di strare e previa autorizzazione prefettizia. Fino ad oggi, bastava presentare al Prefetto una richiesta di autorizzazione per il posizionamento dell'autovelox, motivandola con la pericolosità del tratto stradale in oggetto e, nella maggior parte dei casi, il tutto si risolveva in una sorta di certificazione automatica. S'incappa, così, in postazioni montate su strade «urbane ad alto scorrimento» che non sono «ad alto scorrimento» (il codice, ad esempio, prescrive rigorosamente che abbiano due corsie per ogni senso di marcia) o di extraurbane che non hanno le caratteristiche per poter ospitare le macchinette. Non parliamo poi della presunta pericolosità dei tratti individuati. Oggi si da uno stop: i Prefetti sono richiamati ad individuare i punti critici, in base all'effettiva registrazione degli incidenti, con riferimento al biennio precedente; la Polizia Stradale, inoltre, dovrà svolgere un ruolo di supervisione e coordinamento, sulla gestione degli apparati e su tutte le altre forze di polizia locale.

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