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"La vera scommessa è la credibilità"

Elezioni in Afghanistan

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Ettore Francesco Sequi è il rappresentante speciale dell'Unione europea per l'Afghanistan. Diplomatico italiano, è stato ambasciatore d'Italia a Kabul dal 2004 fino al febbraio scorso affrontando momenti particolarmente complessi. In questi giorni è in Afghanistan come inviato speciale della Comunità europea. Com'è la situazione a un giorno al voto? C'è stato anche un assalto a una banca? «La situazione è abbastanza tranquilla. Oggi è una festa nazionale, gli uffici sono chiusi. Gli esperti di sicurezza spiegano che l'atmosfera non è "sinistra". Quanto all'assalto alla banca si pensa a un episodio di criminalità comune. Le modalità hanno poco di politico. Il fatto è avvenuto in una zona periferica di Kabul piuttosto malfamata. Per ora si può parlare di relativa calma pur in un momento di over attacking». Quali differenze rileva rispetto alle elezioni presidenziali del 2004? «Prima di tutto queste sono elezioni organizzate interamente dagli afghani. Secondo dato importante la campagna elettorale con candidati molto qualificati e che si sono confrontati sui programmi. Ci sono stati dibattiti seguitissimi. In un Paese dove la televisione non c'è in molte zone si è registrata un'audience di 10 milioni di spettatori per il dibattito tra Abdullah e Ghani. L'elettorato delle città, quello più evoluto e informato, ha chiesto "cosa proponete". L'altro aspetto interessante è che la dialettica tra i candidati è stata civile, scambi di accuse ma senza contumelie ed eccessi. Una prospettiva positiva. Questo è un Paese frammentato e molto giovane. Oggi circa i due terzi della popolazione ha meno di 30 anni. Di questi molti vivono nelle città sanno leggere e scrivere. Di contro ci sono villaggi inaccessibili dove non ci sono strade: ha visto i seggi trasportati a dorso d'asino. Ecco, in questi posti sperduti, non si conoscono le facce dei candidati. Gli afghani non sono individualisti e così lontano alle città, la decisione su chi votare viene presa dagli anziani, in moschea. È la tribù che decide».   Quali sono le aspettative sullo svolgimento delle elezioni? «Difficile dire se ci sarà un solo turno o il ballottaggio. Troppe variabili, in primo luogo la sicurezza. Non sappiamo in quanti seggi si possa votare. Potenzialmente dovrebbero essere operativi 6.500-6.600 seggi. Nel 2005 per il voto del parlamento erano stati 6.200 e nel 2004 4.800. Quindi oggi abbiamo un incremento di questo dato. È chiaro che in molto zone sarà problematico. Zone non solo nel sud est ma anche in qualche provincia più a nord come a Bagdhis».   Il voto sarà condizionato dai talebani? «Non possiamo sapere se i talebani attaccheranno oggi, domani. La parola d'ordine in Afghanistan è frammentazione. Sociale, etnica. Anche i talebani vivono questa condizione. I responsabili dell'intelligence afghana confermano di aver trattato con alcuni comandanti locali una tregua per consentire il voto. Altri insorgenti non hanno condiviso questa linea». Rischi di brogli? «Sappiamo che non saranno elezioni perfette a partire dal problema della sicurezza e della difficoltà di raggiungere tutti i villaggi. Ci saranno irregolarità? È possibile. Quello che va detto è che è stato fatto tutto il possibile per limitare le irregolarità. Ci sono meccanismi solidi. Uno è costituito da una commissione alla quale partecipano anche rappresentati delle associazioni per i diritti mani afghani. A loro il compito di verificare e dirimere evidenze di irregolarità. La proclamazione dei risultati ci sarà il 17 settembre proprio per dare tempo alle verifiche e a possibili riconteggi. In queste condizioni di sicurezza complessa è un bel risultato». Queste sono elezioni di svolta per l'Afghanistan? «La parola magica è credibilità. Un processo elettorale credibile che stabilisca senza dubbi che l'eletto è colui che gli afghani desiderano. Un candidato che dovrà rispettare gli impegni del programma. Un contratto per il futuro con gli afghani e la comunità internazionale. Un impegno nella lotta alla corruzione, la narcotraffico, per i diritti civili e la sicurezza. Consapevole di un sostegno reale della Comunità internazionale».

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