Il Pdl lanci i dadi delle riforme
È quanto tutti si aspettano, in particolare gli elettori del Pdl. Il premier ha però aggiunto che, per dare seguito al buon proposito, «occorrerebbe un'opposizione con un più alto senso dello Stato». Non vorremmo che il Cavaliere, verificata la mancanza di tale presupposto, relegasse ancora una volta le riforme nel retrobottega del governo scaricando la responsabilità sugli avversari che non gli permetterebbero di agire coerentemente con gli impegni elettorali. Se ne faccia una ragione: se la sinistra non ha senso dello Stato, come lui dice e come purtroppo non di rado ci capita di constatare, non vuol dire che bisogna rassegnarsi all'impotenza. Al contrario, il governo e la maggioranza parlamentare, nel rispetto dei ruoli, prendano finalmente l'iniziativa e propongano una serie di riforme costituzionali tenendo conto del non poco lavoro già prodotto dal Parlamento, dall'ultima Commissione bicamerale alla bozza Violante sulla quale si manifestò un'ampia convergenza nella scorsa legislatura. Davanti al fatto compiuto sarà difficile per l'opposizione negarsi a una discussione aperta la cui prospettiva è quella di modificare parti significative della Carta costituzionale, senza dimenticare la legge elettorale. L'onere della prima mossa spetta a chi guida il Paese. Dunque, Berlusconi la faccia. Se dovesse mettersi male nessuno potrebbe rimproverargli di non averci quantomeno provato.