«Il Pdl continui a tenere le redini dell'alleanza con l'Udc»
Seil Pd vede nel partito di centro il digestivo giusto per superare i mal di pancia di Rutelli e degli ex-margheritini, molti esponenti del Pdl considerano l'ex presidente della Camera come l'antidoto necessario per frenare il protagonismo strisciante di Bossi e della Lega. E, quasi a confortare le previsioni di un possibile ritorno a casa del figliol prodigo, i politologi fanno rilevare che gli indici di gradimento di Casini tra i collaboratori più stretti di Berlusconi salgono ogniqualvolta sembrano raffreddarsi i rapporti tra il premier e Gianfranco Fini, così come tra lo stesso Pdl e il Carroccio. In questo duello sotto il sole d'agosto, l'Udc alza ovviamente la posta e Casini gongola: a sinistra, ad esempio, c'è già chi lo considera il nuovo Prodi, l'"outsider" di turno capace di mettere d'accordo partiti e partitini (ma come farà con Di Pietro?) e diventare, in tal modo, il candidato premier dell'opposizione alle elezioni politiche del 2013. Se sono rose, fioriranno, anche se l'impressione di molti è che il politico bolognese non prenderà subito alcuna decisione definitiva: resterà in panchina, in attesa degli eventi, e alle Regionali del 2010 si muoverà a macchia di leopardo: sceglierà l'alleato che dovrebbe portarlo a vincere, non facendo differenza tra tra Pdl e Pd. Alle luce di queste considerazioni, il partito di maggioranza dovrebbe oggi evitare il rischio di restare con il cerino in mano. Un fatto che si verificherebbe lasciando all'Udc tutto il tempo necessario per decidere quale alleato scegliere. Proprio perché maggioranza - e forte quindi dei propri numeri in continua crescita - il Pdl deve, insomma, cercare di tenere sempre il coltello per il manico, imponendo a Casini, entro pochi mesi, l'aut-aut: prendere o lasciare. Tanto più, che, all'interno del Pdl, non sarebbe affatto un'operazione vantaggiosa immaginare di imbarcare un nuovo alleato per ridimensionare le richieste leghiste o, peggio ancora, per tentare di scaricare i "lumbard". Non solo i sondaggi continuano, infatti, a premiare Bossi - grazie anche alle sue evidenti provocazioni sull'inno di Mameli, i dialetti e le gabbie salariali -, ma le vicende politiche degli ultimi 15 anni dimostrano che proprio il Senatur, a parte la breve stagione della canottiera, è stato forse l'alleato più affidabile di Berlusconi prima del discorso del predellino e del matrimonio tra Forza Italia e An. Tra l'altro, la presenza, talvolta ingombrante, di Bossi, consente al premier di poter giocare su due tavoli: da una parte, cercando di accontentare le giuste richieste che vengono dal Sud, dall'altra, lasciando la briglia un po' sciolta alla Lega sui problemi del Nord. In questo difficile gioco a incastro, la presenza di Casini, tenendo soprattutto conto delle istanze meridionali, ci può anche stare, a patto però di non incrinare la fraterna amicizia tra il Cavaliere e l'Umberto da Giussano. Un'amicizia che non può essere sacrificata sull'altare di nuovi scenari politici. Ma, al di là dell'esito delle grandi manovre d'autunno, una cosa è certa: il pallino deve continuare a restare saldamente in mano ai vertici del Pdl. Deputato Pdl