Come togliere potere ai partiti
L'ultimointervento riguarda l'esigenza di superare il controllo statale di larga parte del territorio, consegnando ai giovani quelle superfici che oggi sono male utilizzate dai poteri pubblici e spesso sono all'origine di oneri per il contribuente. L'indicazione non va lasciata cadere, perché al di là del caso specifico indica l'urgenza di procedere ad un ridimensionamento della presenza di burocrati e uomini politici nella gestione dell'economia. Quando Bossi invita a privatizzare la terra (anche regalandola) solleva una questione cruciale per il Terzo Mondo, dato che spesso il processo di decolonizzazione ha comportato la nazionalizzazione delle aree coltivate, con il risultato che l'assenza di un vero catasto e di legittimi proprietari è oggi uno dei problemi maggiori sulla strada dello sviluppo di quei paesi. In Italia le cose sono un po' diverse, anche perché solo una minoranza vive di agricoltura. Ugualmente è vero che molta parte del territorio è in mano pubblica: non solo foreste e montagne, ma anche molti terreni, spiagge e pascoli. L'invito del segretario della Lega affinché ciò che ci è stato tolto nel corso degli ultimi duecento anni ci venga restituito, va quindi colto al volo. Bisogna soprattutto avere ben chiaro che una società è in grado di operare con efficacia se gli incentivi che inquadrano i differenti comportamenti sono ben calibrati. Per quanto ci si possa ingegnare e per quanto fervida possa essere la nostra fantasia, dobbiamo poi ammettere che nessuna istituzione è superiore alla proprietà privata se si tratta di spingere tutti a lavorare nel miglior modo possibile al servizio del prossimo. Bossi ha ragione quando parlando di larga parte delle terre oggi statali ricorda che si tratta di «roba che era locale e poi lo Stato l'ha portata via»: come quando, al momento dell'Unità, ha sequestrato i beni ecclesiastici. Oggi tali latifondi demaniali, rileva Bossi, «sono lì, costano, se c'è il mezzo di non farli costare e c'è la possibilità da dare un futuro ai giovani, di investire, perché non farlo?» Si tratta di parole sagge che andrebbero ascoltate. Soprattutto perché se si inizierà davvero a restituire agli italiani la proprietà dei terreni oggi posseduti dallo Stato, il passo successivo sarà quello di mettere mano ad un processo di ampia privatizzazione delle aziende pubbliche: dalle Poste alle Ferrovie, dall'Eni all'Enel, e via dicendo. Nell'Italia di oggi, permettere a un giovane di avere un futuro può anche voler dire regalargli un fondo agricolo, ma soprattutto significa dargli vere opportunità in un mercato più libero. Per giunta, i capitali delle imprese pubbliche sono nostri, non dei politici. Dovremo aspettare molto prima che ci vengano restituiti?