Staminali, ecco il gene chiave contro i tumori del cervello
Hanno scoperto l’«interruttore» che chiude lo sviluppo delle cellule tumorali nel cervello, ma nove anni fa hanno dovuto lasciare l’Italia per gli Usa, in aperto dissenso nei confronti del nepotismo che impera nelle nostre università e che impediva loro di proseguire le loro ricerche sulle neoplasie al cervello dei bambini. Negli Usa hanno trovato l'appoggio di due università, la Albert Einstein e la Columbia. E adesso Antonio Iavarone e Anna Lasorella possono, con legittima soddisfazione annunciare la scoperta del gene Huwe1 il quale ha un ruolo chiave nei tumori del cervello. La loro scoperta è stata pubblicata sulla rivista scientifica Developmental Cell. «La nostra è una scoperta fondamentale - ha spiegato alla stampa Iavarone - e lascia intravedere grandi possibilità di cura per i tumori al cervello. La proteina Huwe1 si è rivelata basilare nella corretta programmazione delle cellule staminali del cervello. Questa proteina però normalmente viene eliminata in maniera abnorme quando si sviluppa il tumore maligno del cervello, il glioblastoma». Nell'articolo scientifico su Developmental cell, i due ricercatori hanno dichiarato di aver scoperto che le cellule staminali si dividono prima di dare origine ai neuroni. Perché il processo avvenga correttamente le proteine che bloccano le cellule allo stato staminale, devono essere eliminate. «Secondo la scoperta di mia moglie Anna Lasorella, riportata nell'articolo, specialmente nei topi le cellule staminali in assenza di Huwe1, si sviluppano in maniera tumultuosa, compromettendo la formazione dei neuroni. In sostanza - ha affermato Iavarone - questa assenza di Huwe1 diventa un momento cruciale che deve essere controllato e corretto». In Italia si ottengono ottimi risultati nella ricerca scientifica ma bisogna ricordare che ci sono ben undicimila professori di Medicina per cinquanta mila studenti. E molti di questi docenti hanno almeno due figli. Siamo all'assurdo in cui giovani laureati, hanno già all'attivo dalla quattrocento alle cinquecento pubblicazioni scientifiche, perché il loro padre ha aggiunto il nome del figliolo a tutte le ricerche scientifiche che passano per le sue mani. Per questo i concorsi diventano barzellette. Iavarone ci disse a suo tempo: «Siamo entrambi pediatri, io sono di Benevento e mia moglie di Bari, e ci siamo conosciuti al Policlinico Gemelli, all'inizio degli anni '90: lavoravamo tutt'e due al reparto di Oncologia pediatrica. Grazie alle nostre ricerche avevamo ottenuto un grande finanziamento da parte della Banca d'Italia. Ma ci siamo resi conto che non potevamo fare il nostro lavoro in Italia, e siamo andati a New York, prima alla Albert Einstein, e poi alla Columbia. Sono italiano e mi sento italiano. Mi sono laureato al Gemelli, lì sono diventato ricercatore e ho lavorato per dieci anni. Avrei voluto che il prestigio di questo risultato ricadesse sul mio paese. Sto cercando in tutti i modi di tornare, ma a quanto pare non posso insegnare nel nostro paese». Iavarone e la moglie vennero persino denunciati da un docente della Cattolica che, secondo loro, li obbligava ad inserire sempre il nome del figlio nei loro studi. Ovviamente hanno vinto la causa. E oggi Iavarone dice: «L'Italia - prosegue - ha un sostanziale disinteresse nei confronti della scienza».