La bizzarra estate italiana tra sobrietà e vizi da star
Non è estate da cicale. Dovremmo vivere questa stagione come se fosse un trailer d’autunno, senza sperperare. I newyorchesi insegnano: da bravi formiconi, anziché buttare i soldi in vacanza, affollano il Central Park, in quella che è stata ribattezzata "staycation", una villeggiatura stanziale. A costo zero. Noi italiani siamo ancora un passo indietro. C'è ombra invenduta a Villa Pamphilj e al Parco Sempione, mentre sulle spiagge ingorgate in troppi la buttano ancora giù trash-pop, illudendosi che l'onda anomala della crisi non li lascerà bagnati e storditi. Esorcizzano la recessione ostentando modi e gadget che li rendano visibili, inevitabili, ridondanti. Epigoni del sottocafonal da film vanziniano, parcheggerebbero sulla battigia la supercar (se solo la possedessero). I veri ricchi li osservano turandosi il naso con una molletta, sottilmente disgustati, mentre onde marine personalizzate li cullano sui loro megayacht a quattro piani. La parola d'ordine inascoltata è "sobrietà". Anche nella melassa umana sparsa sulle sabbie dovremmo tendere a un comportamento men che francescano, depauperato, sottotono. E invece eccoci lì con tutti i nostri ammenicoli in bella vista. Signore adornate come manichini di gioielleria, uomini nevrotizzati dalla tecnologia on the beach: quelle sembrano patrizie (d'epoca, o d'addario, in qualche caso), questi li scambieresti per robocop d'accatto, con quegli osceni auricolari perennemente all'orecchio, gli smartphone che ormai ti radono anche il mento mentre parli, il netbook che fa tanto manager intercontinentale, poco conta se non c'è la connessione. Tutti irrimediabilmente drogati dal consumo, dalla possibilità, dal salto oltre l'ultima maxirata, e chissenefrega del Pil e dello sboom. C'era un tempo in cui il mare era il trionfo di un dichiarato e più sano coattume, di una popolaneria che riusciva a galleggiare felice tra il miracolo economico e l'austerity. I ragazzini si fracassavano le braccia con le palline clic-clac, i loro fratelli maggiori fracassavano le palle dei vicini d'ombrellone con il mangiadischi (verde pisello o aragosta) a pile. Tutti si fracassavano il fegato con la parmigiana o la peperonata sur la plage, bevendo vinaccio da bicchierini retrattili: quelli che soccombevano venivano recuperati al largo, ormai gonfi e putrefatti, dai mosconi dei bagnini. Ma erano i meno: l'Italia sapeva accontentarsi. Barcamenarsi, salvarsi. Aderire - facendo baccano, certo - al tempo che le era dato dalla Storia. Oggi non sappiamo più a cosa rinunciare, insistiamo nell'accumulo, speriamo di essere sempre trendy e magari dandy. Forse la cura giusta sarebbe tornare a quel punto di entusiasmi fatti di poco. Rendere di nuovo "in" la pista con le biglie dei ciclisti scavata sulla riva e vedere chi vince, prima che la marea ci rovini il gioco.