Bossi ci ripensa: l'Inno va bene
Tira e molla. La strategia del Carroccio è sempre la stessa: lancia, provoca, accusa, minaccia. E poi smorza, ricuce, rettifica e ridimensiona. Ormai da un ventennio a questa parte si assiste sempre alla stessa scena. La Lega che spara - quasi sempre durante la pausa estiva - alzando il tiro su temi più o meno importanti. E gli altri partiti - alleati e non - che rispondono contrattaccando e ribadendo paletti e confini dei propri programmi. È da circa vent’anni che il partito di Via Bellerio indossa proprio in questo periodo la sua armatura scendendo in campo con una serie di proposte, alcune rimaste nei libri di storia altre rimaste sotto la voce provocazioni. Così, se un tempo, anche la politica andava in vacanza, o comunque si utilizzava la pausa estiva del Palazzo come un momento di riflessione e di relax, da qualche anno a questa parte invece il dibattito è più che mai acceso. Sullo sfondo sempre un unico colore, il verde. Dialetto, bandiera e inno nazionale, sono le ultime uscite della Lega. Ma l'elenco è lungo. E le reazioni scaturite le più diversificate. Stavolta, si diceva, il dito del Carroccio è puntato su alcuni punti, che a detta loro, sono questioni quanto mai importanti. Dal ritiro delle truppe in Afghanistan al dialetto a scuola, dalla proposta di affiancare al tricolore i vessilli locali alle gabbie salariali o all'inno di Mameli. Per molti è tutto una boutade estiva. Per altri l'ennesimo tentativo della Lega di far sentire il suo peso alla maggioranza. Resta il fatto che, nonostante ieri il Senatùr abbia sgonfiato la polemica odierna sull'inno nazionale, dando la colpa ai giornali che «non vendendo in estate, montano queste storie», ci sono questioni sulle quali la Lega sembra non voler proprio cedere e sulle quali si giocherà la partita di ripresa autunnale. Tra questi federalismo fiscale, e i salari territoriali. «Per non parlare delle gabbie salariali e della necessità di aumentare i salari - tuona Bossi - si sono inventati che la Lega è contro l'inno italiano. Invece noi siamo per aumentare i salari e chiediamo i salari su base territoriale legandoli al costo della vita». Solo negli ultimi mesi, di "sparate" da Via Bellerio, ce ne sono state diverse. Dalla Polizia regionale, ai vagoni della metropolitana riservati ai milanesi, dalle fiction in dialetto alla sezione a Sanremo dedicata proprio ai dialetti locali. Stessa cosa se si va indietro nel tempo e si va a rileggere la cronaca politica delle scorse estati. La strategia di Bossi è sempre la stessa, così come, quasi sempre, la location. Era il 29 agosto del 1994 quando Bossi urlava: «Se non avessimo impedito la rivolta si sarebbe incendiato tutto il nord. E se in Sardegna, un'area isolata, qualche mitra lo puoi trovare, in Lombardia trovi tutto, dai cannoni agli aeroplani, tutto quello che vuoi». Stessa cosa il 25 settembre 2003: «Quando uno fa fallire un paese lo si fucila». O ancora, il 26 agosto 2007: «Non abbiamo mai tirato fuori fucili, ma c'è sempre una prima volta». Ora però gli alleati del Pdl non nascondono più l'insofferenza per certe proposte che, vuoi o non vuoi, hanno guadagnato alla Lega Nord il monopolio quasi assoluto della scena estiva. Il tutto mentre emerge, sotto la sabbia delle polemiche di giornata, una più ampia partita politica, che si spinge fino alle regionali 2010 e coinvolge l'eventuale alleanza con l'Udc. Certo, il dietrofront del Senatùr sulla questione inno sembra gettare un po' di acqua sul fuoco. Ecco perché il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, rileva come «le attività di propaganda della Lega vengano sopravvalutate», e a sottolineare che i temi lanciati dalla Lega non sono nell'agenda di governo e della maggioranza è il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto: «Il dialetto, la bandiera e l'inno d'Italia non possono essere messi all'ordine del giorno». La domanda a questo punto è: quale sarà la prossima mossa del Carroccio?