Bossi detta la linea
{{IMG_SX}}... passando per la candidatura alle Regionali in Lombardia e finendo il tutto con un pensiero di stima rivolto a Pier Luigi Bersani: "Mi piace. È di Piacenza e conosce bene i problemi del lavoro". Bossi è lanciato. Torna tra la sua gente. Loro sono i "padani duri e puri". Impossibile trovare miglior platea per difendere le proprie battaglie. Tanti sostenitori fedelissimi ai quali, elezione dopo elezione, se ne aggiungono sempre di più. Questa è la sua forza. E l'intenzione è chiara. Dalla festa della Carroccio deve partire un messaggio che faccia capire ai Palazzi romani che il partito del Nord, anche questa volta, andrà fino in fondo e soprattutto che non mendicherà accordi elettorali con alcuno: "In Padania non abbiamo bisogno dei voti di nessuno". Un chiaro avvertimento che Bossi, dal consueto luogo di villeggiatura a Ponte di Legno, paesino tra le montagne bresciane, vuol fare arrivare al centrodestra. Un avvertimento rivolto al Pdl che vorrebbe allearsi con l'Udc di Pier Ferdinando Casini in vista delle elezioni regionali del prossimo anno: «Lasciamoli dove sono, rompono le balle e basta. I voti noi li abbiamo e poi mi domando: con l'Udc siamo sicuri di poter governare?». Se di regionali si parla allora il Senatùr pensa bene di iniziare a mettere qualche punto fermo. E lo fa stoppando il gruppo consiliare del Carroccio in Regione Lombardia, che nei giorni scorsi aveva espresso un veto sulla candidatura di Roberto Formigoni: «Come si chiama il gruppo? Non si chiama Bossi o Giorgetti. Se si chiamasse come me avrebbe un peso». Certo, la trattativa «è aperta» e lo sarà fino all'ultimo, ma Formigoni - ricorda Bossi - «è un amico, si è comportato bene e lo tratteremo bene». Anche se «fino all'ultimo l'ok non lo diamo». E comunque al Carroccio interessano anche altre Regioni, a partire dal Piemonte dove, potrebbe correre il capogruppo della Lega alla Camera Roberto Cota. per non parlare del Veneto dove sarebbero date in ascesa le quotazioni per il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia. Ma le strategia politiche del Senatùr lasciano in breve tempo spazio alle vere lotte del partito. Quelle che fanno breccia e appassionano i propri elettori. Bossi torna ad essere il paladino della difesa del Nord e ricorda: «La Lega è nata perché la gente ha detto basta con Roma ladrona». E via con l'attacco del Sud. I ministro delle Riforme esalta così i «salari territoriali», termine sostitutivo delle «gabbie salariali»: «I lavoratori devono arrivare a fine mese, in particolare al Nord dove la vita costa di più». Poi passa al partito del Sud: «A noi non creerebbe alcuna difficoltà, è una lotta interna al partito di Berlusconi. Ma un partito non nasce perché un gruppo dirigente vuole più spazio, ma perché lo vuole il popolo». Per arrivare infine ad incensare il federalismo fiscale: «Non costa niente, anzi fa diminuire i costi per lo Stato. Il vero problema è la sanità che costa moltissimo soprattutto al Sud dove una garza costa infinitivamente di più che al Nord». E se di costi si parla allora un accenno lo merita anche l'attuale situazione di crisi economica: «Dobbiamo pensare a ripartire. Non penso che il peggio debba ancora arrivare però la ripresa è lenta» Ma il tormentone dell'estate è il dialetto. E allora come non cavalcarne la difesa: «Dovrebbe essere obbligatorio - commenta Bossi -. Sono intenzionato a preparare una legge. Se vuole in questi giorni il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini può venire qui a Ponte di Legno a parlarmi. Il dialetto dovrebbe essere insegnato attraverso la musica e le canzoni popolari. Me lo ha spiegato mia moglie, che insegna e di queste cose se ne intende». Una battaglia che lo stesso Senatùr sta combattendo sulle pagine de La Padania, che, per sua espressa volontà, giovedì era in edicola in dialetto veneto, ieri in piementese e oggi in lombardo. Questo è Bossi. Ruspante con i suoi e acuto con gli alleati. E tutto si chiude con la rievocazione di Umberto di quell'apparizione in canottiera del 1995 in Sardegna da Berlusconi: «La canottiera è una metafora ed è rimasta. La Lega è diventata sempre più forte, popolare, sempre più vicino ai lavoratori».