«Bersani è meglio». E il Pd si spacca di nuovo

Ea dividersi su tutto. Anche sulle provocazioni che arrivano dal centrodestra. Ieri l'ultima puntata delle spaccature che il Pd mostra in un momento in cui un po' di unità non guasterebbe in vista del congresso del Pd previsto a ottobre. La «pietra» la scaglia Umberto Bossi. Il Senatur fa presente ai cronisti che tra i candidati alla segreteria dei democratici gli piace Pier Luigi Bersani, perché «è di Piacenza e conosce bene i problemi del lavoro». Fumo negli occhi per i sostenitori di Dario Franceschini che non gradiscono. O quantomeno cercano di usare a proprio vantaggio l'attestato di stima per Bersani che viene dalla Lega. Una manovra che lo stesso Bersani, intervistato da La7, prova a stoppare rilevando come Bossi sia «uno da combattimento, si capisce che preferisce avversari tosti». Ma ormai la trappola è scattata. E alla girandola delle dichiarazioni critiche dal fronte franceschiniano verso Bossi contribuiscono in rapida successione Mario Adinolfi («Bersani fa il pieno di consensi a destra, arriva fino a Storace che addirittura vuole andare a votare per lui alle primarie del Pd»), Sergio D'Antoni («ascoltate le parole di Bossi che dice di preferire Bersani mi convinco ancor di più, a confermare il mio sostegno a Franceschini»). A valanga arrivano altre dichiarazioni che mostrano come l'assise democratica non sarà un ballo di debuttanti. Così al fuoco delle polemiche ormai divampato si aggiungono le reazioni dei bersaniani. Oriano Giovanelli invita Franceschini a prendere le distanze da Adinolfi così da «mantenere il clima precongressuale dentro livelli di civiltà». A difesa di Bersani entra in campo il suo portavoce, Stefano di Traglia: «se Bersani risulta essere preferito anche da pezzi del centro destra vuol dire che con la sua leadership il Pd può avere più chance di attirare voti e simpatie degli elettori dell'altro schieramento».