La crisi e il fattore "paura"
La catastrofe non c'è stata. I numeri economici segnalano l'avvio della ripresa in tutto il mondo. Ma quanto sarà solida sul piano globale? Quanto in Italia? La Bce ha fatto ieri una dichiarazione molto prudente. Da un lato riconosce, ed enfatizza, la fine della recessione. Dall'altro avverte che ci sono ancora molte incertezze che potrebbero interrompere la ripresa o renderla altalenante. La domanda di petrolio potrebbe impennarsi, per ritorno dell'ottimismo, ed il suo prezzo essere moltiplicato dalla speculazione. Ciò farebbe ripartire l'inflazione costringendo le autorità monetarie ad alzare troppo il costo del denaro soffocando la ripresa. C'è poi il timore che le politiche anticrisi di molti Paesi li portino a protezionismi impliciti o svalutazioni competitive che porterebbero una nuova crisi globale. Resta, inoltre, il timore di nuove crisi finanziarie perché i sistemi bancari europeo ed americano, pur salvati, non sono ancora risanati e nei prossimi mesi soffriranno le insolvenze tipiche delle code di una recessione. Anche le comunicazioni della statunitense Riserva federale, pur ottimistiche sulla ripresa in America, hanno toni prudenziali simili. Aggiungendo a queste analisi quelle degli istituti di ricerca e delle istituzioni economiche internazionali, tutti piuttosto simili, pare giusto sintetizzare per i lettori che possono essere ottimisti, ma anche che non devono aspettarsi una ripresa veloce e senza intoppi. Detto questo, chi scrive fa di mestiere scenari globali dove vengono mixati i fattori (geo)politici ed economici. Il dato corrente più rilevante è che tutti i governi del mondo hanno preso veramente paura durante la crisi. In particolare, hanno notato che di fronte alla caduta repentina della domanda globale non avevano mezzi nazionali per contrastare la crisi. La consapevolezza di quanto dipendano dal mercato internazionale – Cina compresa pur questa tentando di diventare meno dipendente – fa ipotizzare che per almeno un certo periodo dovrebbero collaborare per evitare nuovi collassi. Per questo ritengo che i prezzi di materie prime e petrolio troveranno un tetto. Per lo stesso motivo ritengo che il ricorso alla svalutazione competitiva ed al protezionismo, possibili cause di una crisi ben peggiore di quella vista nei mesi scorsi, sarà minimo e sorvegliato da tutti. Tale logica dovrebbe anche limitare i conflitti in aree sensibili del pianeta migliorando la stabilità mondiale, per un po'. In base a questa osservazione ritengo elevata la probabilità che la ripresa possa essere più veloce e robusta di quanto ora temano le autorità monetarie. Per questo uno dei rischi da loro citati nel menù delle considerazioni prudenziali, il ritorno di un ottimismo eccessivo e prematuro, cioè dell'inflazione, potrebbe essere quello più incombente da monitorare. Infatti la Bce lascia intendere che il periodo dei tassi minimi potrebbe essere piuttosto breve. Qui vedo il rischio sistemico principale della ripresa: altalena tra recessioni indotte per contenere l'inflazione e riprese stentate. Ma la politica monetaria è molto evoluta e non ritengo tale rischio ingestibile una volta individuato. Tutto bene, alla fine? Quasi, ma non del tutto. Comunque la ripresa sarà lenta e non piena per molto tempo perché, come qui più volte accennato, l'America non trainerà più l'economia globale come ha fatto nel passato. Lo farà a metà, l'altra dipendente dalla crescita fatta da altre locomotive. Ma queste, nonché la piena ripresa dei consumi in America, ci metteranno del tempo. La disoccupazione, in America ed Europa, sarà elevata e a riassorbimento molto lento nella seconda. Ciò porterà problemi di stabilità sociale. Ma al momento non sembrano ingestibili. In sintesi, prevalgono nel mondo i fattori di crescita su quelli di crisi, salvo conferma della solidità ritrovata del sistema finanziario. E l'Italia? Nel secondo trimestre il Pil di Francia e Germania, a sorpresa, è tornato positivo mentre quello dell'Italia e sceso ancora dello 0,5%, confermando che la caduta nel 2009, alla fine, sarà attorno al 5%. L'Italia si sta riprendendo, ma in modo più debole perché le stimolazioni interne, diversamente dalla Francia, sono limitate dal debito e perché, diversamente dalla Germania, le imprese intercettano di meno la ripresa dell'export. Da noi c'è ancora molto da fare per uscire dalla crisi, ma il miglioramento del sistema globale ci offre un appiglio che fa ben sperare. Potete farvi il Ferragosto con cuore più leggero.