Ora di religione, vescovi all'attacco
I vescovi insorgono. Non ci stanno. Gridano allo scandalo e attaccano. Poi passano all'affondo: «Sentenza pretestuosa, povera di motivazioni e che danneggia la laicità dello Stato». La Chiesa proprio non ne vuole sapere e, con una dichiarazione di monsignor Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica, scatena fuoco e fiamme sulla decisione del Tar del Lazio che esclude gli insegnanti di religione dagli scrutini. «Ci sarà da chiedersi - commenta Coletti ai microfoni di Radio vaticana - come mai su una questione così delicata, la competenza venga data ad un Tribunale amministrativo regionale; ma io credo che ci sia dietro a queste pretestuose motivazioni qualche atteggiamento pregiudiziale, anche se non del tutto ideologico. C'è un pregiudizio di "doverosa liberazione" dei "poveri" bambini, ragazzi e giovani italiani dal peso schiacciante della religione Cattolica». Un atteggiamento che rischia di alimentare diffidenza e sospetto verso la magistratura che sono già troppo alti in Italia. E va oltre: «L'ora di religione è una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese con buona pace degli irriducibili laicisti e dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane». Dura presa di posizione sull'ordinanza del Tar anche da parte dell'Osservatore romano, che con un articolo intitolato Una sentenza che discrimina i docenti di religione, dà voce al vescovo Michele Pennisi, membro della commissione episcopale per l'educazione cattolica, la scuola e l'università: «Questa sentenza discrimina di fatto sei milioni di studenti che hanno scelto l'insegnamento della religione come materia scolastica e tutti quei docenti che, dopo aver superato un concorso, si trovano ora a essere considerati professori di serie b». E così il Tar riesce ancora una volta a scatenare le polemiche. Da una parte i favorevoli alla sentenza come Antonio Di Pietro, leader dell'Idv: «Da cattolico rispettoso della Chiesa e dei suoi comandamenti non posso che condividere la decisione del Tar in quanto in uno Stato laico tutti i cittadini cattolici e non, hanno uguali diritti». Tocca poi al senatore del Pd Vincenzo Vita che ricorda: «L'Italia, fino a prova contraria, è uno Stato laico che rispetta le confessioni religiose. Ma che si fa a sua volta rispettare». Dall'altra i critici. Uno schieramento decisamente trasversale che va dal presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri («Una deriva anticattolica che non ha precedenti nella storia e nella tradizione del nostro Paese») al collega alla Camera Fabrizio Cicchitto secondo cui «il Tar non coglie il problema e rischia di gettare via il bambino insieme all'acqua sporca». Ma critiche arrivano anche da sinistra. Ed è proprio Giuseppe Fioroni, responsabile dell'organizzazione del Pd, ex ministro della Istruzione e fautore delle contestate ordinanze, a suggerire la contromossa: «Mi auguro che il ministro Gelmini impugni la sentenza del Tar». Un suggerimento accolto dall ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che tuona: «L'ordinanza del Tar determina un ingiusto danno. Farò ricorso al Consiglio di Stato». Scelta condivisa dalla sua stessa maggioranza. «Gli interventi della magistratura sulla politica sono una cosa sovente del nostro Paese, e quindi dobbiamo esaminare qual è l'atteggiamento del Tar», commenta il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini. Plausi anche dal senatore leghista Piergiorgio Stiffoni secondo il quale «non è una novità che la magistratura faccia sentenze ideologiche» e da Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del Programma di Governo che spiega: «I magistrati confondono la laicità dello Stato con la furia anticattolica di alcuni giornali».