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La serie di danni che ancora ne deriva è lunga.

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Daun'insufficienza di uomini e di mezzi, all'impossibilità di usare efficacemente quelli a disposizione. Da un intrico di regole e caveat, alla sempre maggiore burocratizzazione delle procedure, che spesso ci hanno impedito di utilizzare al meglio i mezzi più adatti, dopo lungo travaglio finalmente resi disponibili. Il ministro La Russa, consapevole del paradosso e convinto che, di fronte a una realtà ormai evidente, avrebbe avuto il sostegno di tutta la maggioranza - anche della componente più folcloristica - e di parte dell'opposizione, sta gradualmente cercando di porre rimedio. Di rilievo non secondario per gli effetti indotti è il fatto che il precedente Governo aveva abolito, per le "operazioni di pace" in Afghanistan, l'adozione del Codice penale militare di guerra, già vigente in Iraq ai tempi di Nassiriya. Stortura che, sia a livello morale che pratico, ha provocato non pochi disagi. La Russa, rendendosene conto, ha proposto lo studio di un nuovo codice, adatto allo spirito delle operazioni internazionali. Buona idea, ma ci vorrà del tempo. Intanto, che problema ci sarebbe a riadottare il Codice penale militare di guerra? Si eviterebbero duplicazioni, visto che la Procura militare di Roma, in caso di ipotesi di reati non «militari commessi da militari», li transiterebbe comunque, d'ufficio, a quella civile. Come da prassi. Mario Arpino

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