La sfida delle elezioni afgane
A mano a mano che si avvicinano le elezioni presidenziali del 20 agosto, la tensione in Afghanistan diventa più palpabile. La determinazione dei Talebani di boicottarle si traduce in continui attacchi alle truppe della NATO, attentati alle forze di polizia, intimidazioni e bombe contro i civili. Ma il governo Karzai e le forze dell'ISAF sono altrettanto risolute a far sì che la consultazione si svolga regolarmente, con una partecipazione non troppo inferiore al 70% dell'ottobre 2004, quando un'inaspettata ondata di entusiasmo per il processo democratico percorse la popolazione. Per garantire un livello sufficiente di sicurezza, la NATO - Italia compresa - ha rafforzato temporaneamente i suoi effettivi e gli Stati Uniti hanno inviato addirittura 20.000 uomini in più, per essere in grado di lanciare operazioni risolutive in alcune province chiave, come quell'Helmand dove si produce il grosso dell'oppio afgano. Nonostante questo sforzo, le autorità occidentali che affiancano il governo ammettono sin d'ora che le elezioni saranno "imperfette". Da una mappa riservata venuta in possesso della Reuters risulta che dei 356 distretti in cui è diviso il Paese 13 sono sotto controllo dei Talebani e 133 ad alto rischio, quasi tutti nella parte sudorientale del Paese abitata dai Pashtun. La stessa Kabul è circondata su tre lati da province in cui la ribellione è molto attiva. Di conseguenza, si prevede che circa 600 sezioni elettorali - un decimo del totale - non potranno neppure essere aperte, e che in un altro migliaio la regolarità del voto è perlomeno in dubbio. Né le incognite sono limitate all'agibilità dei seggi (e, in molte zone, alla difficoltà di raggiungerli). Si temono frodi nella registrazione dei votanti, un accentuato astensionismo da parte delle donne e brogli nei conteggi, soprattutto nelle province dove l'autorità del governo è più evanescente e i signori della guerra fanno il bello e il brutto tempo. Il clima non è più quello di cinque anni fa: la gente è delusa per la corruzione e l'inefficienza delle autorità, convinta che gli stranieri abbiano già deciso la conferma di Karzai, spesso riluttante a esporsi per un voto in cui nutre poca fiducia. Per ridurre la possibilità di manipolazioni su vasta scala, lo scrutinio avverrà sezione per sezione. Con 35 candidati in campo, è probabile che né il presidente Karzai, né il suo più quotato avversario, l'ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah, riescano a ottenere più del 50% dei voti e che perciò si renda necessario un ballottaggio, che prolungherebbe di almeno due settimane il periodo a più alto rischio attentati. La posta in gioco è altissima non solo per il Paese, ma anche per la Nato. Se la consultazione si svolgesse senza incidenti clamorosi, e con una partecipazione sufficiente a renderla credibile, sarebbe un enorme passo avanti verso la normalizzazione. Un'astensione di massa o frodi troppo evidenti farebbero invece perdere alla popolazione la residua fiducia nel processo democratico e darebbero nuovo fiato alla rivolta talebana.