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Sporcizia, piaga Capitale

Sporcizia a Roma (Foto Gmt)

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Qualcosa si sta facendo ma i risultati non sono all'altezza degli annunci e dei buoni propositi finora proclamati. La Capitale è sporca. Certo, non sarà proprio come l'ha descritta il premier Berlusconi (quando, il 25 maggio scorso, sentenziò: «Roma è sporca come una città africana»), eppure basta farsi un giro per la città per rendersi conto come la svolta epocale annunciata dal sindaco Alemanno e dall'amministratore delegato dell'Ama - la municipalizzata che gestisce la raccolta, il trasporto, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti - sia ancora molto al di là da venire. Intendiamoci, qualche risultato positivo è stato pur ottenuto. E non bastano certo appena trecentosessantacinque giorni di lavoro per risolvere problemi cronici che si trascinano da decenni. Così come non si può pretendere una città pulita se il senso civico dei suoi abitanti è parecchio al di sotto della media Europea. Diciamolo chiaramente, senza alibi: il romano non è mai stato famoso per educazione e rispetto nei confronti della Città eterna. Fatta questa doverosa premessa, un altro aspetto dell'Urbe è di tutta evidenza per chi ci vive, per chi ogni giorno è costretto a farci i conti, nel bene e nel male. È sporca. Dal centro storico alle periferie - come dimostra il fotoservizio pubblicato in queste pagine - cittadini e turisti sono costretti a fare le slalom tra i rifiuti, gettati nelle vie, agli angoli delle strade, nel bel mezzo di piazze storiche. Ancora: televisori e ruote d'automobili un po' ovunque; cartoni ripiegati con cura in qualche angolo dai senzatetto; bottiglie sparse per strada; cassonetti stracolmi. Decisamente un pessimo biglietto da visita. Soprattutto se si paragona Roma alle altre grandi capitali europee: Londra, Parigi, Berlino. Ben altri standard. Insomma, non ci siamo proprio. Almeno per ora. La speranza è che i fuoriclasse del «dream team» di cui parlava Alemanno nel dicembre scorso comincino presto a produrre un gioco spettacolare in termini di efficienza dell'azienda, tempestività nella raccolta dei rifiuti e regolarità dei bilanci. A inizio mandato, Panzironi parlò di una situazione drammatica ereditata dalla giunta Veltroni: conti in rosso, pochi mezzi, personale carente. Il nuovo contratto di servizio («Un passo fondamentale verso quella ristrutturazione e quel miglioramento dei servizi che ci siamo riproposti di portare a termine entro il 2009», spiegò l'ad) è approdato in giunta lo scorso maggio; il nuovo piano industriale (720 nuovi mezzi, lo spazzino di quartiere, 544 nuove assunzioni, gestione dei crediti virtuosa per rientrare dal deficit di bilancio) è stato varato e presentato in pompa magna in Campidoglio ai primi di luglio. Ora servono i fatti, i risultati. Che, a giudicare da ciò che si vede per le strade, stentano ad arrivare. Certo, ci vuole del tempo. Entro gennaio, secondo l'assessore capitolino all'Ambiente Fabio De Lillo, Roma si doterà di un nuovo sistema di raccolta già sperimentato in sette Municipi: la città verrà suddivisa in 400 aree, ciascuna dotata di propri mezzi e proprio personale. Ma la scadenza indicata da Panzironi - fine 2009, appunto - è ormai prossima. E i nodi da sciogliere sono tanti: il Comune deve indicare il sito per il dopo-Malagrotta; deve essere definito l'eventuale ruolo di Ama nel Consorsio Gaia. Ma questi sono ambiti che attengono alla sfera politico-economica. Roma intesa come città e come comunità ha bisogno di risposte concrete. Anche perché continuare a vivere in una Capitale-pattumiera non piace a nessuno.

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