Sull'energia ci giochiamo il futuro
Non è la prima volta che si sente parlare dell’imminente fine delle riserve petrolifere. Una previsione apocalittica, per altro sempre smentita dai fatti, perché nuovi investimenti e nuove ricerche hanno costantemente portato ad aumentare le stime sulle riserve, nonostante il costante incremento dei consumi. Questo non vuol dire che non dobbiamo porci seriamente il problema di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Non solo perché sono per definizione «esauribili», ma perché la nostra dipendenza da petrolio e gas (per circa l’85% dei nostri consumi) mette in pericolo la sicurezza energetica del Paese e perché la combustione delle materie prime fossili è ritenuta una delle cause dell’eccessiva immissione di anidride carbonica in atmosfera e dei conseguenti cambiamenti climatici. Qualunque sia il modello di sviluppo che vogliamo intraprendere, infatti, non potremo mai fare a meno di forniture elettriche sicure, economiche e ambientalmente sostenibili. Peraltro, già oggi, la produzione di elettricità pesa solo per un terzo delle emissioni di anidride carbonica. Il resto viene dai trasporti e dalle altre attività industriali e agricole. Comunque dobbiamo tendere a quella che io chiamo l'equazione energetica e la sua soluzione richiede un approccio integrato che coinvolga non solo l'industria dell'energia, ma l'intera società. L'Italia, in particolare, ha bisogno di una profonda trasformazione del sistema energetico, che comporterà grandi investimenti. Il nostro Paese, infatti, sconta una pressoché eccessiva dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas. Ha un mix di generazione di energia elettrica sbilanciato sulle fonti più costose, gas e olio (il 70% dell'elettricità in Italia è prodotto con questi combustibili, contro il 26% della media europea) e soffre di una insufficiente diversificazione della provenienza geografica degli approvvigionamenti (Russia, Libia, Algeria). Un sistema fragile che aumenta il divario che ci separa dai nostri vicini, e concorrenti, europei: l'Italia ha, infatti, una bolletta energetica tra le più care d'Europa. Nessuna singola iniziativa può da sola risolvere questa equazione. La soluzione sarà possibile solo bilanciando il mix di generazione elettrica con investimenti nelle energie rinnovabili (sole, vento, acqua, calore della terra), nel carbone pulito e nel nucleare, diversificando gli approvvigionamenti con nuovi gasdotti e terminali di rigassificazione, promuovendo il risparmio energetico e l'efficienza, investendo in concreti progetti di ricerca e innovazione come la cattura e sequestro della CO2. Enel sta facendo la sua parte: ha in programma oltre 10 miliardi di euro di investimenti in Italia da qui al 2013 finalizzati a potenziare e ammodernare centrali e reti di distribuzione. Un segnale di positiva novità è arrivato dal Parlamento che, con l'approvazione della legge sullo Sviluppo, ci offre l'opportunità di ricostruire la filiera scientifica, tecnologica e industriale del nucleare. Un Rinascimento industriale che richiederà una stretta cooperazione tra investitori, università, sistema produttivo e lo Stato, in un quadro regolatorio stabile e definito. Ma la realizzazione di qualsiasi infrastruttura energetica non può prescindere dalla condivisione da parte delle comunità locali e dell'opinione pubblica, si tratti di un campo eolico, di una centrale nucleare o di un impianto di rigassificazione. E il ruolo dei media nel superare la sindrome "Non nel mio giardino", diffondendo una informazione obiettiva e completa, è e sarà determinante.