Arriva la scossa: ma colpisce D'Alema
Pd ancora nel mirino dei giudici
C'è una nuova puntata nella querelle giudiziaria che sta travolgendo il centrosinistra pugliese. Anche se il governatore Nichi Vendola sbandiera rinnovata fiducia nell'operato degli inquirenti, l'inchiesta della Dda di Bari vira sui partiti della coalizione che sostiene il leader di Sinistra e Libertà. In più sotto la lente della magistratura finisce anche il partitino personale dell'attuale segretario regionale del Pd, Michele Emiliano, sindaco di Bari, in procinto di ricandidarsi alla guida del partito in Puglia. Ieri i carabinieri hanno acquisito - nell'ambito dell'indagine del pm Desirè Digeronimo sul presunto intreccio tra mafia, politica e affari nella gestione degli appalti pubblici nella sanità - carte e bilanci nelle sedi regionali di Pd, Socialisti, Prc, Sinistra e Libertà, e Lista Emiliano. Le forze dell'ordine, munite di decreti di esibizione di documentazione, hanno raccolto informazioni e atti riguardanti l'ipotesi di illecito finanziamento pubblico ai partiti stessi. Il lasso temporale dell'inchiesta stavolta potrebbe riguardare anche l'ultima tornata elettorale, quella che ha visto il centrosinistra confermarsi alla guida di Palazzo di Città nel capoluogo. Il periodo di riferimento è, infatti, compreso dal 2005 alle ultime comunali di Bari: dalle indagini della direzione antimafia emerge il sospetto che i partiti del centrosinistra avrebbero favorito alcuni imprenditori - con appalti e servizi nel settore sanitario finanziati con danaro pubblico - e gli stessi imprenditori, a loro volta, avrebbero girato parte del danaro ottenuto ai partiti come finanziamento. E i carabinieri hanno cercato proprio le tracce di questi trasferimenti di risorse economiche. L'inchiesta del pm Digeronimo presenta ipotesi di reato molto pesanti: si va dalla associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso, alla truffa; per alcuni reati si ipotizza l'aggravante di aver favorito un'associazione mafiosa. Gli indagati? Sono quindici, tra cui il neosenatore del Pd Alberto Tedesco, costretto - dopo una fuga di notizie su questa inchiesta - a dimettersi nel febbraio scorso dall'incarico di assessore regionale alla sanità. Primo dei non eletti nelle liste del partito di Franceschini per Palazzo Madama, ha usufruito delle dimissioni per incompatibilità di Paolo De Castro (eurodeputato a Strasburgo) al fine di acquisire lo status di parlamentare (ha già firmato una interrogazione parlamentare sull'apicoltura...), nonostante il centrodestra - con il coordinatore regionale del Pdl Francesco Amoruso in testa - lo avesse invitato a difendersi da queste accuse senza il paracadute dell'immunità che gli deriva dal seggio romano. Nichi Vendola ha sfoderato ancora un ferreo garantismo: «La verità può essere anche che chi è stato indagato venga prosciolto. Bisogna guardare con molta cautela alle indagini e lasciare che la magistratura faccia fino in fondo il proprio dovere senza interferenze e aspettare che alle ipotesi di reato seguano poi i dibattimenti e il giudizio». Durissima la presa di posizione del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri: «Adesso il gruppo Repubblica-L'Espresso ha pagine intere da riempire. Sarebbe interessante se iniziasse ad indagare su come questi partiti di centrosinistra hanno proceduto nella compilazione delle liste per le Europee e per il Senato». Caso Tedesco docet.