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L'unità per parte della popolazione era stata vissuta come una colonizzazione, non come una liberazione.

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Conun tasso di sviluppo mai competitivo con il Nord. Una macchina burocratica elefantiaca, inefficace, lontana dalla esigenze di una società moderna. Con una criminalità organizzata che ha svolto un lavoro di supplenza dello Stato. A cui le persone si rivolgevano per avere giustizia. Per chiedere favori. In cambio di omertà, aiuti collaterali e consenso. Nello stesso tempo il Sud si è spopolato delle migliori energie. Di uomini e donne che hanno cercato fortuna altrove. In America, Sud e Nord. In Germania, Belgio e Australia. Con il boom economico milioni di persone hanno lasciato il meridione per andare a lavorare nelle grandi fabbriche del settentrione. Ma mentre alcune regioni storicamente povere del Nord, come il Veneto, hanno trovato la forza per reagire, crescere e svilupparsi, il miracolo del nord-est italiano, il Sud non si è mai risollevato. I giovani volenterosi hanno continuato a partire. La criminalità è rimasta, talvolta, il solo potere riconosciuto, l'economia si è impoverita. Oggi il problema, anche con il federalismo fiscale, viene riproposto da chi teme una ulteriore marginalizzazione. Di chi teme che il governo sia troppo sensibile alle pressioni di Bossi. Non vorrei entrare qui nella disputa politica di oggi. Berlusconi ha un piano, speriamo sia quello giusto. Ma da meridionale mi sento di rivolgere alcune domande ai politici del Sud. Che fine hanno fatto le migliaia di miliardi distribuiti attraverso la Cassa del Mezzogiorno? Certo, spesso sono tornati al Nord, ma perché ciò è avvenuto? Perché si è puntato sulle famose cattedrali nel deserto, che non hanno mai, o quasi mai, favorito lo sviluppo per finire poi esse stesse sommerse di sabbia? Perché i politici invece di creare le condizioni per lo sviluppo hanno preferito, in tempi di vacche grasse, cercare il consenso riempiendo il sud di piccoli e inutili privilegi. Milioni di pensioni di invalidità. Di infinite misure assistenzialistiche al punto da far confondere il diritto con il favore. Il risultato è stata la dispersione di tante risorse in cambio di consenso, con la creazione di un esercito di persone grate o dipendenti del potente. Certo non abbiamo più avuto gli assalti ai municipi o le occupazioni delle terre, ma la miseria è rimasta. Il tasso di disoccupazione è lontanissimo dai livelli medi europei. Mentre è rimasta granitica l'idea che deve essere sempre e solo lo Stato e i suoi derivati a risolvere i problemi. Tutti i problemi. E la politica locale ha vivacchiato tra piccoli privilegi da distribuire e voti da gestire. E in questa situazione l'unico risultato è stato il rafforzarsi della criminalità organizzata. La 'ndrangheta che gestisce immensi capitali, e la camorra hanno messo radici in altre zone del Paese. E non solo in Italia. Ma ora il malcontento dei politici meridionali arriva fino a Roma. È giusto richiamare il Nord a un dovere di solidarietà nazionale, ma come Obama chiede ai governanti africani di fare il loro dovere, di dimostrarsi capaci di gestire gli aiuti, non è giusto chiedere anche al Sud uno scatto di orgoglio? La stessa capacità che si reclama a chi si dà un aiuto? Quando la ripresa arriverà, a reagire sarà sempre la solita parte dell'Italia. Quella che produce la più grande fetta del reddito nazionale. Certo che esiste una questione meridionale, esiste nel senso che quella parte del Paese deve poter agganciarsi al resto della Penisola. Perché se siamo in Europa non è per un Sud lamentoso, talvolta dimenticato, ma sempre bloccato. Ci sarà un piano. Bene. Ma non si perda questa ulteriore occasione, perché poi, a vincere potrebbero essere gli egoismi, che alla fine potrebbero anche essere non del tutto ingiustificati. Giuseppe Sanzotta

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