Fini: "Mi riprendo il Pdl"

Uno, tanto per citarne uno. Fini non ama molto la tv, guarda poco i telegiornali. Martedì sera, dopo la cerimonia del Ventaglio, ha deciso di mettersi in poltrona e guardarsi il Tg1. E ha notato per esempio che nel servizio che lo riguardava si sorvolava sulle critiche che aveva poc'anzi espresso nei confronti della Libia, che certamente non saranno piaciute troppo a Berlusconi. Fini ci è rimasto male per come era stato trattato dal principale notiziario della tv pubblica. Certo, il presidente della Camera non è che si mette a chiamare il direttore del Tg1. Ma Augusto Minzolini l'ha comunque saputo. Il messaggio è arrivato, sicuramente ora faranno più attenzione. Piccolo episodio. Ma significativo. Significativo di quello che sta succedendo dentro il Pdl. E che comincia dalle elezioni Europee, la settimana immediatamente successiva per la precisione. Il presidente della Camera legge e rilegge i risultati, guarda le preferenze, vede come si sono espresse le città, i quartieri. E rimane impressionato. Al Nord Cristiana Muscardini è seconda dei non eletti (rientrerà per i ripescaggi) superata persino dal giovane Carlo Fidanza che a sua volta è stato trainato da Ignazio La Russa, oltre 220mila preferenze, il più votato di An, secondo solo a Berlusconi. Al Centro Federico Eichberg resta fuori nonostante in vari si erano impegnati anche con il presidente. Al Sud Salvatore Tatarella finisce dietro in classifica ma ce la fa. Ecco, Fini avverte in quel momento un senso di isolamento. Stanno provando a isolarlo. Le corazzate correntizie stanno provando a fargli terra bruciata. A usare contro di lui l'arma più potente per annullare l'avversario politico. Più forte anche della calunnia, più insidiosa della menzogna: farlo passare per superfluo, inutile. Irrilevante. È stato quello il momento in cui Fini ha deciso di riprendere le redini, soprattutto dentro il Pdl. Così è tornato con la mente a qualche settimana prima. All'ultimo congresso di An quando, dopo aver annunciato il "rompete le righe", aveva visto Gianni Alemanno presentarsi come l'«alternativa». Con una proposta politica alternativa, cattolica e trasversale. E che ora avverte qualche cedimento. Il primo a darsela è stato Marcello De Angelis, direttore di Area, il giornale della destra sociale alemanniana, peraltro non sempre tenero con Fini. Poi è stata la volta di Andrea Augello, che pure è stato ricevuto più volte al piano nobile di Montecitorio, soprattutto di recente. Alle orecchie dell'ex leader di An è arrivata anche la notizia della freddezza nei rapporti tra Fabio Rampelli e il sindaco di Roma. Ora Fini si è reso conto che per contare nel Pdl bisogna contare anche al Senato. E non è un caso che qualche sera fa in un ristorante romano si siano visti una trentina di senatori del Pdl per quella che al vertice del partito hanno preso come un venticello di contestazione a presidente e vice del gruppo, Gaspari e Quagliariello. C'entra Fini? Di sicuro oltre ad Augello e De Angelis, c'erano anche Pasquale Viespoli (un finiano di stretta osservanza di tendenza sociale) e Mario Baldassarri (altro uomo del presidente al di sopra di ogni sospetto). La mossa più rilevante, tuttavia, resta quella siciliana. Sulla quale Fini è intervento pesantemente mandando all'aria l'accordo già fatto dagli ex colonnelli sulla nuova giunta e imponendo quale assessore perentoriamente un suo uomo, Nino Strano, quello che Berlusconi non avrebbe voluto nemmeno ricandidare. Un'azione d'imperio che ha talmente galvanizzato i suoi che proprio ieri hanno organizzato un convegno per lanciare una sorta di nuova formazione politica. Più in generale il co-fondatore del Pdl vuole che il nuovo partito abbia la questione Mezzogiorno nel suo Dna. E soprattutto abbia la forza di porre il tema al centro del dibattito. «Priorità Mezzogiorno» era il titolo di apertura del Secolo d'Italia due giorni fa. Il «Meridione», come preferisce dire il numero uno di Montecitorio, prima di tutto. Che poi altro non è che fermare lo strapotere leghista. Fini vuole spezzare l'asse dei ministri forti e anche per questo l'altro giorno è sceso direttamente in campo a difesa di Stefania Prestigiacomo, espropiata anche dei suoi poteri elementari. Tornare a contare nel Pdl, è la parola d'ordine. Un partito che vorrebbe più strutturato, più radicato sul territorio e con più possibilità di dibattito interno. E rispettoso delle regole e delle istituzioni. Tanto che ieri ha preteso che tutti votassero in ordine alfabetico non concedendo a un gruppo di parlamentari che volevano partire di votare prima. Persino La Russa si è spazientito e se ne è andato. La prospettiva personale tuttavia rimane quella a lungo raggio. Ma anche Fini s'è convinto che non si può restare troppo alla finestra. Gianfranco è tornato.