Sicurezza, Napolitano: "Chi mi critica non conosce la Carta costituzionale"
Riconoscere che "un problema di revisione di regole e di comportamenti in materia di intercettazioni esiste è la premessa per cercare soluzioni appropriate e il più possibile condivise". Lo afferma in merito al ddl intercettazioni il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della tradizionale cerimonia di consegna del ventaglio da parte dell'Associazione stampa parlamentare al Quirinale. "Ad esse - prosegue il capo dello Stato - penso si possa giungere cogliendo l'occasione dell'opportuno slittamento delle votazioni in Parlamento sulla legge già da non breve tempo in discussione. Occorre - prosegue Napolitano - spirito di apertura e senso della misura da parte di tutti i soggetti interessati. Sarà prossimamente questo uno dei banchi di prova di quel confronto più civile e costruttivo tra maggioranza e opposizione che continua a considerare necessario nell'interesse della democrazia e del Paese". Poi il presidente della Repubblica ha replicato, durante la cerimonia del Ventaglio, a chi ha definito "irrituale" la sua decisione di promulgare la legge sulla sicurezza, accompagnandola con una lettera in cui elencava le sue perplessità. Prima di tutto il capo dello Stato spiega che non è stata una promulgazione con riserva, poi puntualizza che la strada da lui scelta "è stata imboccata molte volte in passato". "Quella della legge sulla sicurezza - ha sottolineato Napolitano - non è stata una promulgazione con 'riserva, che è ovviamente istituto inesistente, ma promulgazione a tutti gli effetti, accompagnata da una lettera contenente numerose, puntuali valutazioni critiche, senza peraltro 'pronunciarmi e intervenire sull'indirizzo politico e sui contenuti essenziali' di quella legge". Dunque, il capo dello Stato ha osservato che "tale strada è stata imboccata molte volte nel passato benchè qualcuno abbia affermato il contrario". "Si può consigliare - ha detto il capo dello Stato - la lettura dell'aureo libro 'Lo scrittoio del Presidente' di Luigi Einaudi, che comprende le lettere inviate da quest'ultimo al ministro del Tesoro e ad altri ministri dell'epoca". "La tesi dell'improprietà o arbitrarietà di ogni espressione di dubbi, perplessità, preoccupazioni che non avvenga attraverso il solo canale di messaggi formali al Parlamento - ha rimarcato il presidente della Repubblica - non poggia su nessun fondamento costituzionale ed è smentita da un numero tale di precedenti che non può reggere".