Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Borsellino, Palermo non c'è

La strage di via d'Amelio

  • a
  • a
  • a

Nel giorno della memoria di un eroe senza tempo, irrompe come una deflagrazione nel silenzio assordante del disinteresse, l'«opinione» di Totò Riina. Dopo aver letto che i magistrati ipotizzerebbero il coinvolgimento di pezzi dello Stato nell'agguato del '92, il capomafia decide per la prima volta di parlarne. E chiaramente sono messaggi trasversali, nel puro stile di mafia, visto che il padrino di Corleone non ha lanciato il sasso verso l'autorità giudiziaria. Così, 17 anni dopo la strage di via D'Amelio, Palermo si è risvegliata con i tappi alle orecchie, forse stanca dei «messaggi» di mafia come di quelli della politica che ricorda e commemora. E forse arrivano attutite, quasi ovattate, le parole del Capo dello Stato che pure ha definito con forza i contorni del ricordo: «Un esempio di abnegazione fino all'estremo sacrificio. La memoria della sua dedizione - ha scritto Napolitano ai familiari - rappresenta eredità preziosa per la mobilitazione della società civile».   Peccato che ieri in strada, a Palermo, a ricordare il giudice assassinato la società civile non c'era. Peraltro, sin dal mattino si era capito che sarebbero state commemorazioni sottotono. Mentre arrivavano i messaggi dei presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, ad ascoltare le note della Banda della Polizia, nel piazzale della caserma Lungaro - dove sono state deposte corone di fiori a memoria dei caduti nella lotta alla mafia - c'erano soltanto autorità, rappresentanti delle forze dell'ordine e qualche familiare delle vittime. Meglio non è andata meglio in via D'Amelio, luogo della strage, dove, come ogni anno, le associazioni - quest'anno in prima fila c'era il comitato cittadino «19 luglio 2009», presieduto dal fratello del giudice ucciso - organizzano manifestazioni e veglie. Un centinaio in tutto i presenti: pochissimi palermitani e alcuni ragazzi giunti da altre regioni al seguito di associazioni antimafia. Un'assenza pesante, quella della città, stigmatizzata dal fratello di Borsellino, Salvatore, arrivato ad accusare i suoi concittadini di «avere tradito la promessa fatta a Paolo il giorno della sua morte».   Nei giorni scorsi, forse temendo l'indifferenza della gente, i giovani del comitato avevano riempito le cassette della posta dei condomini di via D'Amelio di volantini che invitavano la cittadinanza ad appendere alla finestre un lenzuolo bianco. Ma dai palazzi squassati dall'esplosione del tritolo, ieri, pendevano soltanto tre striscioni. E gli organizzatori hanno gridato «Vergogna, vergogna» verso le finestre chiuse di chi ha preferito il mare alle commemorazioni. Per stemperare l'amarezza, in strada è scesa Rita Borsellino, sorella del magistrato: «Ci vuole più coraggio a restare qui ogni giorno che a fare le manifestazioni», è stato il suo lapidario commento.

Dai blog