Da poli occupazionali ad archeologia industriale
L'imperatorecorso, volendo sconfiggere l'Inghilterra economicamente, con il «blocco continentale» di fatto privò l'Europa dello zucchero di canna delle colonie americane. Andrea Marggraff, professore di fisica a Berlino, scoprì che lo zucchero si poteva estrarre da piante, in particolare le barbabietole bianche della Slesia, mentre il suo successore Franz Achard costruì il primo impianto pilota. Il re di Prussia intuì l'importanza della nuova industria e mise a disposizione di Achard la sua tenuta di Kunern, in Slesia, dove fu costruito, nel 1799, il primo zuccherificio del mondo, trasformato poi in «Scuola per l'industria saccarifera». Il primo impianto italiano, fu costruito 72 anni dopo, nel 1871, a Rieti da Emilio Maraini che portò nella piana reatina la prima coltivazione sperimentale di barbabietola. Grazie a lui, l'industria dello zucchero nel 1914, contava 38 fabbriche ed 8 raffinerie, che lavoravano 15 milioni di quintali di barbabietole producendo 1,5 milioni di quintali di zucchero. La coltivazione delle barbabietole occupava 56000 ettari di terreno nazionale, con un valore commerciale totale di 50 milioni di lire. Lo Stato ricavava 150 milioni soltanto per le tasse di fabbricazione. Intanto il consumo era passato da 2,7 Kg a 6 Kg in media per abitante. Rieti fu chiuso nel 1973 dopo un secolo di vita fortemente intrecciata con le vicende sociali della Sabina mentre nel 1903 fu aperto lo zuccherificio di Avezzano e nel 1961 quello di Celano, a dieci km di distanza fondato da Luigi Marini, già sindaco del paese. Entrambi gli impianti lavorarono in parallelo fino al 1986, quando lo zuccherificio di Avezzano, con circa cento dipendenti, venne chiuso per potenziare il «gemello» che, passato dalla società Nusam alla Sadam, della famiglia Maccaferri, chiuse definitivamente nel 2006, quando vi lavoravano 96 dipendenti fissi. Anche nelle strutture abruzzesi, nel periodo di raccolta delle barbabietole, arrivavano a lavorare 350-360 stagionali. La cassa integrazione scadrà il prossimo 31 dicembre ma intanto si pensa alla riconversione dei siti: per Avezzano è in discussione una centrale a biomassa, per l'altro un centro di valorizzazione degli ortaggi locali, patate e carote. Una testimonianza storica di grande valore culturale è rappresentata dallo zuccherificio di Latina che fu il primo nucleo industriale impiantato nella «città nuova», fondata dal fascismo nel 1932. L'impianto di Littoria, infatti, venne inaugurato nel 1934 e la sua ubicazione in territorio pontino era funzionale alla politica agricola varata dal regime, basata sull'autarchia e sullo sviluppo di alcune coltivazioni, tra cui la barbabietola da zucchero. La pianura pontina, appena bonificata dai coloni veneti e friulani, doveva diventare un vero serbatoio nazionale per la produzione di zucchero da barbabietola. Nel secondo dopoguerra e fino agli anni '60, lo zuccherificio pontino, situato vicino la stazione ferroviaria sull'importante snodo della linea Roma-Napoli, ha vissuto fasi di continua crescita, arrivando ad occupare centinia di lavoratori fissi e toccando quasi quota mille nel corso delle fasi più intense della campagna di lavorazione. Intere generazioni di latinensi, soprattutto giovani, hanno arrotondato le loro entrate lavorando allo zuccherifico, specie in estate con la chiusura delle scuole. L'inarrestabile declino dello stabilimento iniziò negli anni '80 per le difficoltà del mercato e lo spostamento delle lavorazioni in altre sedi fino alla definitiva chiusura all'inizio degli anni '90 e alla riqualificazione dell'area trasformata nella cosiddetta area «intermodale», la piattaforma logistica per lo smistamento delle merci collegata con la ferrovia ed al servizio soprattutto delle grandi industrie dei settori chimico-farmaceutico e agroalimentare della zona. Sar.Bir.