"Porterò a Napolitano un milione di firme"
Il giorno dopo è tutto più difficile, perchè ti rendi conto che quello che poteva apparire soltanto un incubo, in realtà un incubo non è. Per tutta la notte Giorgio Sandri non ha chiuso occhio, pensando e ripensando alla sentenza della Corte d'Assise di Arezzo: sei anni all'assassino del figlio. Ma la partita non è ancora finita. Anzi, è tutta da giocare. La famiglia Sandri fa appello affinchè tutti mantengano la calma, ma al tempo stesso è pronta a lanciarsi contro la decisione dei giudici con ancor più determinazione, in nome della Giustizia, in nome di Gabbo. «Pretendo giustizia dallo Stato, perchè non mi è stata data: lo Stato ha ucciso mio figlio, lo Stato è responsabile, mi deve dare giustizia. Per noi non è accettabile una sentenza come quella, completamente ribaltata da omicidio volontario a un semplice omicidio colposo come se Gabriele fosse stato investito da un'automobile. Come si può pensare di derubricare un omicidio del genere in un semplice omicidio volontario? È gravissimo, io non credo più nella giustizia». L'amarezza è tanta, troppa: dopo la tragedia dell'11 novembre 2007 Giorgio Sandri ha un solo obiettivo, una sola ragione di vita. «L'appello? L'ho fatto e lo ribadisco perchè atteggiamenti come quelli avvenuti a Ponte Milvio martedì notte non portano a nulla: a pagare sono sempre gli stessi, ovvero i ragazzi. E questo non deve essere. C'è modo e maniera per protestare». Poi torna a parlare del poliziotto che ha ammazzato il figlio: «La reazione dell'agente Spaccarotella dopo la sentenza la dice lunga, mi sembra di aver capito che anche lui non si aspettava una sentenza del genere. Parla sempre degli ultras che sono violenti, penso che lui sia la persona meno adatta a farlo perchè non è accettabile sentirlo parlare di gente violenta quando lui stesso, con la sua violenza e la sua pazzia, ha ucciso un ragazzo di 26 anni su un'autostrada che era dentro a una macchina, rischiando di fare una strage». Giorgio Sandri è fuori dal suo negozio, alla Balduina: spinto dalla solidarietà dei conoscenti e degli amici di famiglia va avanti per la sua strada. Tra i tanti messaggi anche quello della signora Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, il ragazzo di 18 anni morto nel 2005 nel corso di un intervento della polizia a Ferrara. «L'assurdità della lotta in cui ci siamo trovati è assolutamente immensa. Nessuno più di me può capirti ed essere vicino a te, a tua moglie e a tuo figlio». Questo il testo dell'sms della signora. Giorgio Sandri ha ringraziato facendole una promessa: «Ti posso garantire che combatterò per Gabriele, Federico e per tante altre ingiustizie, finchè ne avrò le forze. Anche la sentenza del caso Aldrovandi è vergognosa, vergognoso dire che il ragazzo era un drogato. Questo modo di fare non fa altro che accendere ancora di più gli animi. Assumersi le proprie responsabilità farebbe avvicinare di più la gente alle forze dell'Ordine». Poi il proposito di arrivare fino al Colle. «Faremo una raccolta di firme in tutta Italia da portare al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè sia rivista la sentenza, se necessario faremo una grande manifestazione con un milione di persone con la quale esprimere civilmente lo sdegno per questa sentenza ingiusta. Chiedo scusa ai testimoni che si sono assunti la responsabilità di presentarsi in tribunale - conclude Giorgio Sandri - mi dispiace, lo Stato italiano ha preferito non credere loro». Accanto a lui c'è Cristiano che ha cercato sin dal primo momento di evitare strumentalizzazioni in nome del fratello Gabriele. «Sarà difficile portare avanti il progetto di una Fondazione che chiede giustizia per gli altri quando invece alla nostra famiglia è stata negata - ha commentato ieri Cristiano Sandri - ma questa è una decisione che dovremo prendere in accordo con il Comune di Roma».