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Quale scuola vogliono a Repubblica?

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In Italia aumentano i bocciati. E La Repubblica dice che si tratta di un "anno nero" per la scuola italiana. Può essere. Sicuramente è un anno nero per tutti questi ragazzi che dovranno fare i conti con un piccolo grande fallimento, e per le loro famiglie. Ma il giornale che presume di dare da sempre le pagelle all'Italia, ha già deciso che è colpa della scuola, del suo Ministero, quindi del governo etc etc. Ma proviamo a ragionare, che male non fa. Se aumentano i bocciati ci sono due motivi: si è abbassata la qualità dell'apprendimento da parte dei ragazzi, e si è alzato o comunque non è parimenti disceso il livello di richiesta da parte della scuola. Questa semplice costatazione tira in ballo una responsabilità generale che è troppo facile "scaricare" sulla scuola, tanto meno sulle sue istituzioni di governo. L'abbassamento della capacità di apprendimento non è certo un fenomeno che oscilla così vistosamente da un anno all'altro. Si tratta di un trend, peraltro già largamente documentato in questi anni da rilevazioni nazionali e internazionali, che riguarda in generale la qualità dell'attenzione e dell'impegno di cui i nostri figli sono capaci. Solo un fesso o uno che vive tra le nuvole non vede quanto in tal genere di cose intervengano forze e fenomeni che hanno poco a che vedere con il tempo passato dai ragazzi a scuola. Vado denunciando da tempo -per quel che serve e può fare la voce di un poeta- l'ipocrisia di adulti che siedono in consigli di amministrazioni di aziende (di comunicazione, televisive, d'enterteinment) che lucrano abbondantemente sulla pelle dei nostri ragazzi investendoli di proposte, con con invadenza micidiale. Molti dei cosiddetti fenomeni giovanili, che presentano di fatto inviti al disimpegno, a seguire modelli di riuscita facili e senza cultura, sono creati e gestiti da adulti che ne fanno motivo di business e di carriera. Incolpare la scuola, senza chiamare per nome i "diseducatori" che ogni giorno fanno la tv e la musica per i ragazzi, è ipocrita e segno di mancanza di coraggio. Che la scuola italiana, non certo per puro gusto punitivo, lanci una specie di allarme, una specie di "non ci sto" proponendosi come luogo dove serietà -anche nei comportamenti- e nell'apprendimento della conoscenza conta, mi pare sia un estremo segno di volontà di ripresa, non un "anno nero". Che ci sia molto da lavorare nella scuola, ad esempio sul metodo con cui si trasmettono i saperi (penso al patrimonio umanistico ma vale anche per lo scientifico) lo sappiamo e va fatto. Ma occorre tenere presente che tutti i più seri analisti della crisi mondiale e nazionale insistono sulla necessità di puntare sul fattore umano, per riqualificare il lavoro e la capacità di ripresa. La scuola italiana ha deciso, seguendo la propria vocazione specifica, di andare in questa direzione. La bocciatura, come sa chi l'ha sperimentata sulla propria pelle, non è un dramma come sulle prime può apparire. Ma un invito, perentorio ma ineludibile, a una serietà si fronte alla propria vita. Piuttosto che leggere questo fatto con gli appannatissimi occhiali della polemica politica, si dovrebbe avere il coraggio intellettuale di vedere il quadro più ampio dei fatti e la capacità di fare proposte costruttive.  

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