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L'amarezza del papà di Gabriele: "Vergogna, vergogna, vergogna"

Il padre e la madre di Gabriele Sandri

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Una promessa al figlio che non c'è più, prima che a se stesso: «A Spaccarotella non lo mollo!». Giorgio Sandri commenta in maniera glaciale la sentenza di primo grado che arriva dal Tribunale di Arezzo. Sei anni di reclusione per l'agente Luigi Spaccarotella, il poliziotto che l'11 novembre 2007 sparò tra sei corsie di autostrada per cercare di sedare una rissa tra tifosi dall'altra parte della carreggiata. «Mi vergogno di essere italiano, mi vergogno di aver creduto in questa giustizia» le parole del genitore scivolano via tra freddezza e incredulità, mentre un'ambulanza arriva per soccorrere una ragazza, colta da un malore dopo la lettura della sentenza del giudice accolta da urla, insulti, ingiurie con gli avvocati della difesa in un'esultanza irrispettosa e fuori luogo. «Non voglio fomentare nessuno, ma con un verdetto del genere è difficile pensare che i ragazzi l'abbiano presa bene - Giorgio Sandri viene invitato a fare appelli contro la violenza in un momento di sollevazione popolare - spero che tutti mantengano il sangue freddo». La sera dell'omicidio di Gabriele a Roma vennero prese d'assalto le caserme di via Guido Reni, la tensione è alta, Giorgio Sandri cerca - nonostante tutto - di stemperare la tensione. «Mi raccomando ragazzi state buoni, siete soltanto voi che pagate, Spaccarotella non ha pagato». Amarezza, ma non sconforto, e soprattutto c'è il desiderio di ricorrere in appello per cercare giustizia nei confronti di un figlio morto ammazzato mentre stava andando in trasferta a seguire la squadra del cuore. «Non sono bastati cinque testimoni, quando basta un pentito per condannare all'ergostolo un mafioso. Evidentemente la divisa ha un suo peso. Sono disgustato, disgustato, disgustato: per fortuna c'è la giustizia divina, da quella non scappa».   In lacrime la mamma Daniela: «Adesso me l'hanno ammazzato una seconda volta - afferma piangendo - quando stasera torneranno a casa e vedranno i loro figli, come faranno a guardarli in faccia? Nessuno mi ridarà Gabriele, nessuno. Con la nostra fondazione continueremo il nostro impegno contro la violenza - ha affermato prima di lasciare il Tribunale - ma non credo più nella giustizia, mi viene voglia di lasciare l'Italia». Sul piazzale antistante il Palazzo di Giustizia ci sono gli amici di Gabriele, allontanati a forza dall'aula dopo la lettura della sentenza della Corte d'Assise di Arezzo che ha derubricato il reato da omicidio volontario a omicidio colposo. Lacrime e abbracci: gli amici di Gabbo cercano di farsi forza l'uno con l'altro. Hanno inveito contro l'agente Spaccarotella e contro i giudici prima di essere ripresi da Cristiano Sandri: «In questo modo uccidete mio fratello per la terza volta». Si va oltre, si andrà avanti fino in fondo, come annuncia al termine del processo di primo grado l'avvocato Michele Monaco: «È una pessima soluzione. Faremo appello».   Il legale della famiglia Sandri commenta la sentenza con amarezza dopo che il pm di Arezzo, Giuseppe Ledda aveva chiesto 14 anni di condanna per omicidio volontario. «Spaccarotella - ha concluso l'avvocato Monaco - non andrà in carcere se non a sentenza definitiva». Infatti, nonostante la condanna a sei anni di reclusione per l'omicidio colposo aggravato di Gabriele Sandri, l'agente di polizia Luigi Spaccarotella per ora non andrà in carcere: i suoi difensori hanno, infatti, annunciato appello, per cui, in base alle previsioni del codice di procedura penale, l'imputato attenderà in libertà il processo di secondo grado, che si svolgerà probabilmente il prossimo anno. Solo quando la sentenza nei confronti di Spaccarotella diventerà irrevocabile sarà emesso il provvedimento per l'esecuzione della pena.  

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