"Se esco mi uccidono, voglio il carcere"

"Voglio restare in carcere  perchè li fuori mi vogliono uccidere". Lo chiede il presunto stupratore Luca Bianchini per il quale oggi sarà chiesta la convalida del fermo. «Sono sicuro che appena varco il portone del penitenziario qualcuno mi ammazza». Luca Bianchini, accusato di essere lo stupratore seriale di Roma, parla dal carcere di Regina Coeli, dove stamattina si svolgerà la convalida del fermo e l'interrogatorio di garanzia. L'indagato, proprio in quest'occasione, chiederà al giudice per le indagini preliminari Roberto Amoroso, in presenza del suo difensore e del pubblico ministero, di lasciarlo dietro le sbarre per proteggerlo. «Devo rimanere qui dentro per la mia incolumità, ho visto cosa dicono i giornali di me, che sono un mostro, sono convinto che appena esco da qui qualcuno proverà a farmi fuori».   È agitato, Bianchini. Tanto da far pensare anche al suo avvocato, il penalista Giorgio Olmi, che in carcere potrebbe commettere un gesto estremo. «Chiederò al giudice di farmi rimanere anche in isolamento, gli agenti di Polizia penitenziaria sono comprensivi, lasciatemi qui dentro», ha ripetuto ieri il presunto violentatore. Il ragioniere ha preso una decisione del genere dopo aver letto alcuni quotidiani sabato mattina, portati in cella dal suo avvocato-amico. «Siamo di fronte a un errore giudiziario oppure a uno sdoppiamento della personalità - ha dichiarato il penalista - da quanto emerge dagli atti che mi sono stati consegnati dagli inquirenti non mi risulta che durante la perquisizione sia stato trovato un coltello a serramamnico e tantomeno un passamontagna, ma soltanto un taglierino con una lama lunga tre centimetri e mezzo, e neanche il documento d'identità di una delle donne che sono state violentate».   È lo stesso difensore del presunto stupratore ad ammettere che se dovesse emergere la responsabilità di Luca Bianchini, se venissero alla luce prove schiaccianti, l'unica strada praticabile sarà quella di farlo ricoverare in un centro di cura psichiatrica perché vorrà dire che si tratta, da una parte, di un «Luca» con un carattere assolutamente eccezionale e disposto al sacrificio per aiutare il prossimo e, dall'altra, di un «Luca» che invece ha bisogno di essere curato. Per quanto riguarda, invece, la compatibilità del Dna dell'indagato con quello rilevato su alcune tracce biologiche trovate sugli abiti delle vittime, l'avvocato ha dichiarato che «è ancora tutto da verificare, anche attraverso esperti che sarò io a nominare».   Sarà dunque lo stesso Bianchini a rivolgersi al gip che dovrà valutare se convalidare o meno il fermo effettuato dalla Polizia, al quale chiederà esplicitamente di non farlo uscire dal carcere per paura di essere ammazzato. La procura di Roma, intanto, non è escluso che possa chiedere di giudicare l'indagato seguendo il rito immediato. Se dovesse essere accolta questa richiesta, il processo potrebbe cominciare già entro l'anno, poiché si salterebbe l'udienza preliminare. In tal caso l'uomo risponderà soltanto di tre violenze sessuali: quella del 5 aprile all'Ardeatino, quella del 4 giugno alla Bufalotta e l'ultima del 3 luglio, ai danni di una studentessa sempre nella zona dell'Ardeatino. Se altri casi fossero riconducibili a Bianchini, la procura li stralcerà dal procedimento principale.