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Castrazione chimica, Calderoli torna all'attacco

Roberto Calderoli

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L'aveva proposta anche lui anni fa. E lo avevano preso per matto. Ora, alla luce delle dichiarazioni di un esperto, il criminologo Francesco Bruno (il quale ha dichiarato a Il Tempo che nel caso di Luca Bianchini è favorevole alla castrazione chimica), il leghista Roberto Calderoli torna all'attacco. Quella terapia, oggetto di tante polemiche ma, come spesso accade, mai analizzata con serenità e distacco scientifico, potrebbe avere un forte potere deterrente e di prevenzione di certi reati. «Quando proposi io la castrazione chimica, peraltro già in uso in vari Paesi nel mondo, sembravo pazzo. Oggi leggo con soddisfazione che anche dal mondo scientifico arrivano proposte in questo senso», ha detto ieri il ministro per la semplificazione commentando le parole delle psicopatologo Francesco Bruno. «Se l'uomo arrestato a Roma fosse stato sottoposto alle cure adeguate fin da quando a 19 anni venne coinvolto in una vicenda di questo tipo - ha aggiunto Calderoli - non si sarebbe arrivati alle conseguenze odierne». Al ministro fanno eco Paola Marraro, Ilaria Misantoni, Patrizia Passerini e Fabio Sabbatani Schiuma, rispettivamente socio fondatore, coordinatrice giovanile del Lazio, dirigente regionale e membro dlel'esecutivo nazionale del «Movimento per l'Italia con Daniela Santanché»: «Dalla settimana prossima a Roma inizieremo a raccogliere le firme per una petizione popolare al sindaco di Roma, affinchè si attivi presso il governo nazionale a favore dell'introduzione della castrazione chimica per stupratori e pedofili - dichiarano i quattro - Concordiamo con il ministro Calderoli. Le parole poi del criminologo e psicopatologo Francesco Bruno sono la conferma della funzione terapeutica e di prevenzione di un procedimento che anche negli Stati Uniti è stato nel passato adottato. La castrazione chimica viene considerata meno brutale e disumana della castrazione vera e propria, ma sta diventando una necessità per dare un segnale forte che la violenza sulle donne in Italia avrà conseguenze durissime». Per quanto riguarda la polemica interna al Partito democratico sull'appartenenza allo staff dirigenziale (era a capo del circolo Pd del Torrino) del presunto stupratore arrestato sabato dalla polizia, Calderoli sottolinea che «Ignazio Marino ha sbagliato ad attaccare il Pd romano e i suoi vertici per la faccenda Bianchini. Perchè una mela marcia nel cesto può sempre capitare, a chiunque». Ma il dibattito all'interno dei Democrayici continua a mantenersi aspro. E Marino è nel mirino di molti esponenti del suo partito. «È pericoloso generalizzare la questione morale nel Pd - dice la senatrice del Pd, Magda Negri - ma è assolutamente necessario essere rigorosissimi sull'applicazione del codice etico del partito». Codice, ricorda la senatrice che recita: «Le donne e gli uomini del Pd si impegnano a non candidare, a ogni tipo di elezione, anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato: emesso decreto che dispone il giudizio; emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione; emessa sentenza di condanna, ancorchè non definitiva, ovvero a seguito di patteggiamento», spiega la senatrice che, però, avverte come valga sempre «il principio giuridico della presunzione di innocenza sino alla condanna definitiva». E ancora: l'europarlamentare Roberto Gualtieri chiede «ai dirigenti regionali della mozione Marino di dissociarsi immediatamente da parole che offendono gratuitamente i militanti e i dirigenti del Pd e dimostrano scarso rispetto per le vittime delle violenze». La cattolica Paola Binetti, infine, avverte: «Se Marino dovesse vincere le primarie del Pd e mantenesse le sue attuali posizioni su molti temi, i teodem uscirebbero dal partito».

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