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«L'incubo è tornato, mi costituirò parte civile»

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Orapotrei pensare di difendere queste donne costituendomi parte civile». Così la prima vittima di Luca Bianchini, la donna che riuscì ad evitare lo stupro nel '96, ha sussurrato quasi la sua paura confidata al fratello proprio ieri. Ora non è più a Roma: lei e suo figlio, quel bimbo di 10 anni che mise in fuga Bianchini, per scacciare gli incubi sono dovuti andare lontano. Vivono al Nord. «Adesso spero che si costituisca un fondo per le vittime delle violenze sessuali - ha detto il fratello della donna - mia sorella è stata danneggiata e ne ha fatto le spese assieme a suo figlio, hanno dovuto andarsene, non potevano abitare più a Roma». Una scena ha tormentato madre e figlio per anni: il volto familiare di quel vicino che con un coltello minaccia di stuprare la donna. Le urla di aiuto. Poi l'istinto di salvarla afferrando per i capelli l'aggressore mettendolo in fuga. La prima furia di Bianchini si scatenò quel pomeriggio del 28 maggio del '96, quando allora ventenne, armato di un coltello da cucina tentò di violentare una donna di 49 anni, sua vicina di casa, che era nell'abitazione con il figlio di dieci anni. L'uomo «nero» entrò nella loro vita fino a generare l'angoscia di dover convivere con la paura «che abita al piano di sopra». Furono costretti a trasferirsi lontano. A nulla sono valse le denunce e le spese, 3 milioni di lire, pagate per gli avvocati.

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