«I giudici dovrebbero avere buon senso»
.Ben tredici anni fa l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi cercò di far condannare Luca Bianchini, ma non vi riuscì proprio perché l'imputato fu ritenuto incapace di intendere e di volere al momento della tentata violenza sessuale. Anche se subito dopo quel raptus l'aggressore tornò a essere definto un «gentile vicino di casa». L'avvocato, infatti, nel 1996, difese una donna che fu aggredita dal presunto stupratore di Tor Carbone e della Bufalotta. Una volta arrestato e arrivato davanti al giudice dell'udienza preliminare, Bianchini fu definito incapace di intendere e di volere da una perizia, che convinse il giudice a prosciogliere dalle accuse Luca Bianchini. «Ci dovrebbe essere più buon senso da parte dei giudici - spiega il penalista - gli psichiatri possono dire quello che vogliono, ma allo stesso tempo i giudici non possono assolvere uno stupratore perché al momento del fatto era incapace di intendere e di volere. Se nel '96 si fosse prestata maggiore attenzione al caso di Bianchini, non starremmo qui a parlare delle numerose donne vittime di brutali aggressioni a sfondo sessuale». Era il 28 maggio quando Bianchini, all'epoca diciannovenne, con una scusa riuscì a entrare nell'abitazione della sua vicina di casa: «Scusi, che per caso mi è caduta la maglietta nel suo terrazzo?». E a quel punto era già dentro l'appartamento, dove, in preda a un raptus, stabilirono i giudici, saltò addosso alla donna, davanti al figlio di dieci anni, nel tentivo di abusarne sessualmente. Grazie all'intervento del ragazzino, Bianchini si diede alla fuga, rifugiandosi nella sua abitazione a Centocelle. Venne arrestato, ma fu poco dopo rimesso in libertà in attesa dell'udienza preliminare, al termine della quale ottenne il proscioglimento. «Nel '96 si disse, in sostanza, che un ragazzo normale e sano di mente può aggredire una donna solo perché in preda a un raptus. La donna che assistevo accolse quella decisione con disperazione perché avrebbe dovuto convivere ancora un po' nello stesso stabile dell'aggressore». Secondo il penalista, dunque, con la scusa dei raptus e delle malattie mentali il più delle volte costruite anche da periti compiacenti o ideologizzati, si continua a consentire a pazzi e a criminali di girare liberamente e di mietere vittime innocenti. «È necessario smetterla con questa demagogia che mira a tutelare i malati di mente, che spesso, invece, non sono altro che simulatori».