Il trionfo di Berlusconi

seguedalla prima L'AQUILA Racconta ai suoi collaboratori. E ricorda di come fu il presidente libico a fargli capire che avrebbe voluto parlare con Obama. E di come a Washington cercò di sondare il terreno con il presidente americano carpendone il suo interessamento. Poi la stretta di mano. Qui a L'Aquila. Davanti ai suoi occhi. Eppure il Colonnello era sulle sue l'altra sera alla cena offerta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Aveva fatto un piccolo strappo al cerimoniale andandosi a sedere vicino a Berlusconi. Quindi quel gesto di Obama che ha sciolto tutto. Quelle immagini, quella stretta di mano avrà un effetto enorme su tutto il mondo islamico. Smonta una buona parte dell'antiamericanismo arabo. E di fatto rimette pesantemente in pista proprio Berlusconi, che infatti Gheddafi si premura di ringraziare durante la cena. Questo vertice, dunque, ha sciolto più di tutti il rapporto con il presidente americano. Il rapporto preferenziale che Berlusconi ha con la Russia (non solo quella di Putin) e con la Libia gli consentono di giocare un ruolo nuovo. Magari anche con l'Iran, di cui l'Italia è il secondo partner commerciale. Non è un caso che Berlusconi è stato visto passeggiare spesso con Obama nei viali della caserma di Coppito. Come proprio l'altra sera quando i due sono tornati alla loro palazzina (il premier italiano alloggiava al primo piano; il presidente Usa al quinto) scherzando come due vecchi amici, battendosi ripetutamemente le pacche sulle spalle al punto che ad un certo punto la conversazione scivola su figli e nipoti. Almeno quelli del Cavaliere. Non è un caso che proprio nell'incontro finale con i giornalisti Berlusconi dedica un capitolo speciale a Obama: «Ho avuto un rapporto molto cordiale con Obama. A cena siamo stati seduti vicini, ci siamo parlati in modo simpatico. Lui mi ha parlato della sua vita privata, io gli ho parlato della mia vita privata. Abbiamo aperto un discorso che potrà sfociare in una stima, simpatia, amicizia, che io credo faciliti i rapporti fra tutti i leader. Ho sempre collaborato con tutte le amministrazioni americane, con quella di Clinton, con quella di Bush, al quale ancora mi sento legato da un'amicizia personale, ma devo riconoscere che la nuova amministrazione americana non ha sbagliato un passaggio in politica internazionale e quindi complimenti ancora ad Obama». Un vertice al quale s'è presentato un altro Berlusconi. Compito, very seriuos. Senza battute, senza fuori programma e senza cucù e scherzetti vari. Un presidente istituzionale. Che si porta a casa un bel po' di risultati veri. Tanto che nella conferenza stampa conclusiva può parlare di un vertice «pienamente riuscito». Un Berlusconi che si attiene ai lavori del summit senza divagazioni. E che spiega come «il G8 ha prodotto risultati tutti positivi, il più importante è la fiducia e la speranza nei confronti della crisi». «Non ci sono elementi per pensare che la crisi economica si possa aggravare», aggiunge. Spiega poi come «si è manifestato disappunto sul fatto che siano riprese le speculazioni internazionali. In particolare sui prezzi del petrolio, ma anche del ferro, della soia, del grano e del riso e il vertice ha dato mandato agli organismi internazionali preposti che decidano come intervenire soprattutto sugli hedge found». Porta a casa anche il rilancio dopo otto anni di fallimenti del Doha round: «L'economia non può essere governata solo su base nazionale, servono leggi valide per tutto il mondo. Per uscire dalla crisi serve l'apertura del commercio in tutto il mondo» insiste ancora Berlusconi. Lui gongola ma non lo dà a vedere. Rimane impettito, abbottonato nel suo completo blu. Pure i giornalisti stranieri che gli avevano posto una serie di imbarazzanti interrogativi su carta e che avevano promesso di spararglieli in faccia anche a voce non si vedono. Nel senso che proprio non hanno avuto nemmeno il coraggio di chiedere il microfono in conferenza stampa. Non c'era l'inviato di El Pais, né quello del Guardian, né quello del New York Times. Non c'era nessuno. O forse non avevano nulla da dire. Fabrizio dell'Orefice