segue dalla prima L'AQUILA Il presidente americano, notoriamente alto, prima dello scatto si è abbassato all'altezza della Pezzopane.
Tuttii partecipanti al siparietto del presidente Usa, hanno sorriso. Il tono del primo giorno di Mr Obama in Abruzzo è questo. Quello informale, di un presidente in maniche di camicia, che cammina e visita le zone colpite dal terremoto, che saluta tutti e che fa i complimenti per il lavoro svolto finora dal governo. Un uomo carismatico, lo descrive chi lo ha incontrato durante il tour aquilano. Molti i cronisti presenti al summit erano desiderosi di vedere uno degli uomini più potenti della terra, girare in Abruzzo. Erano anche curiosi di sapere se avrebbe fatto o meno qualche battuta sulle critiche mosse da qualche testata del suo Paese al presidente del Consiglio. Ma niente. Le sue parole, la sua attenzione, il suo sguardo è stato tutto per la gente, per la città colpita dal sisma, per i dossier sul tavolo dei Grandi. L'Aquila accoglie il presidente Usa come una superstar e non lo manda a dire: «Madonna che carisma!», sintetizza come meglio non potrebbe Stefania Pezzopane la piccola ma battagliera presidente della Provincia. E lui, Obama, non tradisce le aspettative. «Seguo la vostra tragedia fin dal primo momento - dice alle autorità aquilane e ai pochi, fortunatissimi, cittadini che hanno assistito alla sua visita in centro storico - Vi sono vicino e vi assicuro che gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare l'Italia». Saluta, dispensa sorrisi e soprattutto parole di speranza, stringe le mani di tutti, fa i complimenti ai vigili del fuoco e alla protezione civile - «i nostri pompieri vi apprezzano e vi ammirano» - si lascia fotografare senza problemi dalle decine di telefonini che spuntano in piazza Duomo. E quando è il turno di posare accanto alla Pezzopane, si inginocchia: con lei così piccolina e lui così alto; meglio scherzarci su che creare un incidente diplomatico. Infatti, arrivano applausi a scena aperta. L'Aquila aspettava e voleva Obama, questa è la verità. Lo voleva anche chi il G8 lo critica fortemente: non a caso è al presidente americano che si sono rivolti i comitati cittadini che contestano il decreto sulla ricostruzione, parafrasando il suo slogan vincente e scrivendo su una collina «Yes, we camp!», «Sì, siamo accampati», visibile dalla sede del vertice. Ed è sempre a lui che le autorità locali si rivolgono chiedendo che l'impegno profuso dal primo presidente nero della storia americana per la pace nel mondo e per i diritti civili sia lo stesso che gli americani metteranno per aiutare L'Aquila. «Presidente, faccia qualcosa per noi». Tutti volevano vederlo, almeno tutti quelli rimasti in città. Cittadini e vigili del fuoco, poliziotti e gente comune, ognuno impegnato a cercare un posto lungo il percorso nella speranza di non venir cacciato. Obama saluta e ringrazia: prima con un sempreverde «how do you say God bless you», che Dio vi benedica, poi con un più amichevole arrivederci, in italiano. Insieme con lui c'era il premier Berlusconi, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, il presidente delal Regione Gianni Chiodi. Anche il governatore dell'Abruzzo è contento di aver incontrato Obama. «Il presidente americano ha espresso grande partecipazione al dramma del terremoto, ma anche grande sostegno da parte sua e del suo Paese per progetti di rinascita che riguardano l'universita e il nostro patrimonio culturale. Ci siamo congedati - racconta Chiodi - con "God bless you', 'Dio ti benedica'. Io gli ho risposto Dio benedica te per la responsabilità che hai». Giancarla Rondinelli