Obama abbraccia l'Italia
Mentre Obama pronuncia il suo discorso, al Quirinale non vola una mosca. Visti i precedenti, va bene così. Anche perché, dietro un sorriso da cecchino, il presidentissimo degli Stati Uniti mira a qualcosa di più consistente di un fastidioso insetto. Ce l’ha con i detrattori dell’Italia, quando riconosce al nostro Paese una «straordinaria leadership nell’organizzazione del G8». Un colpo a palle incatenate contro l’alleanza - significativamente proprio angloamericana - dei media che in 24 ore avevano tentato di delegittimare il lavoro preparatorio del governo per il summit in Abruzzo. Prima l'inglese "Guardian, che aveva parlato di "caos", di "agenda inesistente", chiedendo la nostra espulsione dal vertice dei Grandi in favore della Spagna. Poi, nelle ore in cui l'inquilino della Casa Bianca volava dalla Russia fino a Pratica di Mare, ci si metteva addirittura il "New York Times", che in un editoriale online pregava lo stesso Obama di assumere le vesti di comandante in campo per i colloqui dell'Aquila, vista non solo la "carenza organizzativa" e "l'imperdonabile rilassatezza programmatica" italiana, ma sopratutto "le energie politiche spese da Berlusconi per cercare di schivare le accuse della stampa", sentenziando: "Uomo di spettacolo sì, leader no". A Obama è bastato pronunciare una frase per spazzare via dubbi e polemiche. Ma il suo è stato un intervento più in profondità: «Per molti anni continueremo a dire che il vostro governo è un vero, grande amico degli Stati Uniti. Su tanti temi importanti lavoriamo fianco a fianco». Per esempio quello della non proliferazione nucleare, per la quale «l'accordo da noi firmato due giorni fa con la Russia serve da modello», e dove è fondamentale che «la comunità internazionale parli con Paesi come l'Iran e la Corea del Nord. Napolitano ne conviene con me». Ancora, la cooperazione tra Roma e Washington non è «solo militare, in posti come l'Afghanistan, ma è una collaborazione tra due popoli, arricchita dagli italo-americani e dalle loro tradizioni. La promessa: «Contribuiremo alla ricostruzione dell'Abruzzo, in particolare dell'università dell'Aquila, anche attraverso borse di studio». Del resto, Napolitano aveva omaggiato l'interlocutore parlando di «forte convergenza di vedute sulle misure anticrisi», e del «larghissimo consenso nell'opinione pubblica e in tutto l'arco politico italiano» per le «prime prese di posizione, decisioni e le iniziative incisive dell'amministrazione Obama» e per la vicinanza nelle cruciali scelte di «collocazione internazionale». Quanto all'Ue, ha sottolineato il Capo dello Stato, può recitare ancora un ruolo centrale per il mondo, «a patto che riesca a parlare con una voce sola». Un trionfo, o quasi. I problemi dell'americano, a inizio giornata, erano stati meccanici, non diplomatici: dalla scaletta dell'Air Force One che si era bloccata alla partenza dall'aeroporto moscovita, fino all'impiccio con l'automobile, un classico per i numeri uno di Washington quando scorazzano a Roma. Il fatto è che loro le macchine preferiscono portarsele da casa, imbarcandole su uno dei propri aerei gemelli. Un anno fa Bush si era ritrovato a piedi su via del Tritone, con la Cadillac in panne. Stavolta ecco il problema della limousine blindata (ma con i finestrini non oscurati) troppo lunga per sterzare all'interno del cortile d'onore del Quirinale, dove la "first couple" era attesa dal picchetto dei Lancieri di Montebello (solo loro, e non reparti di tutte le armi, perché questa era una visita ufficiale, ma non di Stato). Così, a Michelle e a Barack non è rimasto altro che farsi una passeggiatina nel portico interno: visti da vicino, parevano un bignami dell'immaginario pop Usa. Lei matronale e seduttiva in giallo, come una regina del soul, una Aretha Franklin degli anni ruggenti. Lui impeccabile, smilzo e agile come una stella dell'Nba: ha raggiunto il Consigliere Militare Rolando Mosca Moschini (ironia del cognome, dato l'ospite...) e poi lo stesso Napolitano che attendeva nella Sala del Bronzino. I due presidenti si sono piaciuti sul serio, e l'incontro si è dilatato ben oltre i venti minuti previsti, complice forse l'antico feeling con l'America del Capo dello Stato, sin da quando era un alto dirigente del Pci in trasformazione. Tanto che Obama, alla fine, lo ha elogiato pubblicamente: «Napolitano conferma le cose che ho sentito dire di lui: ha una reputazione meravigliosa e merita l'ammirazione di tutto il popolo italiano, non solo per la sua carriera politica, ma anche per la sua integrità e gentilezza: è un vero leader morale e rappresenta al meglio il vostro Paese». Un tributo che, per sillogismo, qualcuno ha voluto leggere come una critica al premier. Più tardi, i baci e gli abbracci all'Aquila avrebbero fugato ogni sospetto. Stefano Mannucci