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Referendum su D'Alema

Massimo D'Alema

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Più che una campagna congressuale per eleggere il prossimo leader del Pd è un referendum. Un referendum su Massimo D'Alema. Inutile nascondersi dietro le piattaforme programmatiche, il partito delle tessere e quello dei circoli, la vocazione maggioritaria, le alleanze di vecchio e nuovo conio. Da qui all'11 ottobre, e poi nelle primarie del 25, Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani si confronteranno su un solo punto: all'interno del perimetro Democratico sono più quelli che amano Massimo D'Alema o quelli che lo odiano? Certo l'ex ministro degli Esteri non è sceso in campo in prima persona. Ma appoggia Bersani. E tanto basta per radicalizzare lo scontro. Bastava fare un rapido passaggio al teatro Capranica giovedì per rendersene conto. Sul palco Walter Veltroni l'uomo che, più di altri, ha vissuto sulla propria pelle cosa significa duellare con il lìder Maximo. Tutto iniziò nel 1994 quando gli iscritti dell'allora Pds decisero che Walter era il candidato migliore per la carica di segretario, ma il consiglio nazionale gli preferì D'Alema. Quindici anni dopo, nonostante ufficialmente dicano il contrario, non hanno ancora smesso di odiarsi. E non è certo un caso se Veltroni, che non più tardi di cinque mesi salutava tutti lasciando la carica di segretario, ha deciso di tirare la volata a Franceschini. In fondo anche nella sua ultima intervista a Repubblica Walter, pur non citandolo, se la prende con Massimo. O meglio con il suo braccio destro Nicola Latorre, finito nel tritacarne per il «pizzino» con cui, durante una trasmissione televisiva, suggeriva a Italo Bocchino (Pdl) come attaccare Massimo Donani (Idv). Ma Veltroni non è l'unico nemico storico di D'Alema che ha deciso di schierarsi dall'altra parte della barricata. C'è anche Sergio Cofferati. L'ex segretario della Cgil è un altro che sogna vendetta. Dal 2001 quando, mentre il successo popolare cresceva (nel 2002 parlerà davanti ai tre milioni del Circo Massimo), decise di non correre per la leadership dei Ds. Memorabile il suo discorso davanti alla direzione del partito quando attaccò frontalmente il lìder Maximo per «aver comesso l'errore, in occasione del risultato storico della prima volta al governo, di averlo fatto «senza la legittimazione del voto». Il risultato di quell'atto d'accusa è noto. Come «premio» Cofferati otterrà, nel 2004, la poltrona di sindaco di Bologna. Così, dopo cinque anni, arriva la contromossa. Giovedì al teatro Capranica il cinese non c'era, ma a rappresentarlo ecco Paolo Nerozzi. Oggi senatore del Pd in passato confederale della Cgil. Per capire quanto dirompente sia il «fattore Massimo» basterebbe citare alcune delle dichiarazioni di questi giorni. Non c'è avversario di Pier Luigi Bersani che non lo citi assieme a D'Alema. L'ultimo, ieri, Pierluigi Castagnetti che dal raduno degli ex Ppi a Norcia ha attaccato: «Bersani e D'Alema fanno fatica a capire. Fanno fatica a capire che servono risposte nuove, che in un'Italia post-ideologica non si può ricostruire la filiera dei vecchi Pci-Pds-Ds». Ma anche la giovane promessa del Pd Debora Serracchiani, nella sua ormai famosa intervista-gaffe a Repubblica, se l'è presa con l'accoppiata Pier Luigi-Massimo: «Franceschini è un mio collega, un avvocato. Certo, sta in politica da tempo. Ma lui faceva il consigliere comunale quando Bersani era già ministro e D'Alema aveva già smesso di fare il segretario del Pds. C'è una bella differenza anche qui, non le pare?» E c'è anche chi, in questo referendum, si trova in imbarazzo. È il caso ad esempio di Goffredo Bettini che, dopo una vita trascorsa a costruire il «modello Roma» assieme a Veltroni, non può assolutamente sostenere il candidato del «nemico». Ciò nonostante non può neanche sostenere Franceschini, l'uomo che, dopo le dimissioni di Walter, lo ha messo in un angolo. Per questo, anche se tentato dalla candidatura Bersani (che comunque non giudica all'altezza), sta spingendo per un «terzo uomo». Un po' la stessa sorte toccata Francesco Rutelli. Alle ultime europee l'ex sindaco di Roma, soprattutto nella circoscrizione Centro, ha fatto asse con i dalemiani sostenendo la coppia Guido Milana-Roberto Gualtieri. Ora, però, si trova nella difficile situazione di non poter sostenere Pier Luigi considerato dai suoi eccessivamente di sinistra. Così, a malincuore, starà con Franceschini. Insomma, il referendum su D'Alema sta dilaniando il Pd. Lui, però, non ne sembra preoccupato. Al punto che, anche ieri, a sparato a zero contro Veltroni e la Serracchiani. «Dare la colpa delle sconfitte agli apparati cattivi - ha spiegato - porta ad avvelenare il clima e si finisce male». Inoltre, ha aggiunto, bisogna finirla con «leaderismo plebiscitario» perché dopo «due disastrose sconfitte elettorali perseverare è diabolico». Un bel modo per farsi degli amici.

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