L'edilizia soffre Roma rallenta
Ma qualcosa è andato storto. Fuori dal Raccordo anulare i risultati della città eterna e i romani (Veltroni) alla guida del Paese sono durati lo spazio di una campagna elettorale. Ora quei tempi sembrano lontani anni luce. Al posto dello sviluppo è arrivata la crisi. Nel 1995 il tasso di disoccupazione era al 12,3 per cento, nel 2006 al 7,2. Una crescita delle imprese e, soprattutto, del valore aggiunto, che per anni ha rappresentato più del 8 per cento del Paese. Merito dei servizi ma anche di costruzioni e industria. Il boom c'è stato nel turismo: tra il '95 e il 2006 le presenze di visitatori nella Capitale sono aumentate di 8 milioni. Dal 2000 al 2006 il tasso di crescita di Roma ha doppiato la media nazionale, a fronte di un arretramento di tutte le altre città. Il solito sviluppo anticiclico dell'economia capitolina che ha segnato il cambiamento nel carattere stesso della Capitale. Meno dipendenti pubblici, più investimenti. C'era una volta. Perché oggi Roma si è fermata. Vittima di una crisi internazionale da cui non si sa come uscire. Il punto l'ha fatto ieri il presidente dell'Acer (l'associazione che raccoglie i costruttori romani) Eugenio Batelli. I dati dell'edilizia sono allarmanti: tra ottobre 2008 e aprile 2009 le imprese attive sono diminuite del 3,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, con una riduzione di operai del 4,5 per cento. «Sono usciti dal settore - ha spiegato Batelli - 3 mila lavoratori. Ma non solo: altri 1.500 dei settori collegati alle costruzioni si trovano nella stessa situazione». Il problema?«Non ci sono nuove iniziative». Non è un caso che nei primi tre mesi del 2009 il mercato nazionale degli appalti sia calato del 4,3 per cento. «Nel Lazio la situazione è ben più grave: l'importo dei bandi pubblicati per l'affidamento dei lavori pubblici nei primi cinque mesi del 2009 si è contratto del 52 per cento rispetto all'analogo periodo del 2008.È preoccupante - ha continuato Batelli - sia perché c'è necessità di nuove infrastrutture e di interventi di manutenzione in genere, sia perché viene a mancare l'azione anticiclica che svolgono tradizionalmente gli investimenti in edilizia». Se poi si aggiungono il difficile avvio dei piani di zona 167, i progetti di recupero urbano ancora sulla carta e le compensazioni in forse, ne esce un quadro che dà poche speranze. Senza contare il tempo. «Oggi per la realizzazione di opere semplici trascorrono mediamente trenta mesi dalla fase di progettazione alla consegna dei lavori. Per le opere più complesse si superano i quattro anni». A conti fatti, aggiunge il presidente dell'Acer, «il periodo di gestione della fase di avvio di un'opera pubblica supera di 2-3 volte il tempo previsto per l'esecuzione dei lavori. I cittadini e l'economia del territorio non possono più sostenere questi tempi». La ricetta: è necessario «sbloccare le risorse pubbliche e gli investimenti privati legati ai programmi edilizi già definiti». Insomma «avviare il maggior numero di cantieri possibili, utilizzando il miliardo di euro che per il 2009 è disponibile per investimenti da parte di Comune, Provincia e Regione». E poi «velocizzare l'approvazione dei progetti e snellire le procedure di gara». Con la speranza di ripartire.