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Anche i vacanzieri si fermano

Disastro a Viareggio

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VIAREGGIO No, la vacanza non continua. Non per tutti. Non come prima. Anche se martedì Viareggio sembrava una città schizofrenica, da un lato il dolore e lo shock e dall'altro l'apparente indifferenza dei villeggianti che vagabondavano in pareo e sandali, i «locali» hanno reagito alla tragedia con sensibilità, spirito solidale ed empatia. Lo dimostra il calo di ingressi nelle decine di stabilimenti balneari che costeggiano il lungomare della cittadina versigliese. E la sospensione di tutte quelle attività «effimere» che allietano quotidianamente la permanenza dei turisti e dei viareggini, come feste e serate danzanti. Il bagno Balena, uno dei più noti e antichi della cittadina, può contare ogni giorno fino a tremila ingressi. Ieri il grande salone che fa da «disimpegno» alla spiaggia e alle piscine esterne era semivuoto.  «Abbiamo registrato una diminuizione del 60-70% di affluenza e chi sta qui in villeggiatura è venuto soprattutto perché non sapeva dove altro andare - spiega il direttore dello stabilimento Guido Kappler - Quelli che si sono ritrovati qui, inoltre, hanno trascorso più tempo davanti alla tv per seguire i notiziari che non in spiaggia. C'era chi portava la propria testimonianza, perché aveva aiutato i feriti, e chi ricordava i bombardamenti della seconda guerra mondiale, paragonandoli all'esplosione alla stazione. Anche oggi non si parlava d'altro - continua Kappler - Il sentimento di solidarietà è forte e la città, di solito molto spensierata e che ha nel suo dna l'impulso a sdrammatizzare, è stata letteralmente piegata dalla tragedia». Guido racconta anche due episodi che lo hanno colpito. Il primo riguarda una signora che abita nella «zona rossa» adiacente allo scalo ferroviario. «Era temporaneamente immbolizzata sulla sedia a rotelle in seguito a un incidente stradale ed è stato questo a salvarla - riferisce ancora il direttore della Balena - Dopo l'esplosione, infatti, non è riuscita a fuggire subito da casa e così lei, il marito e la nipotina non sono stati investiti dalla fiammata». Ma l'altra storia che Guido ha stampata nell'anima ha per protagonisti due allievi della palestra di karate del «bagno». Uno si chiamava Hamza Ayad, 17 anni, l'altra è la sorella Ibtissam, di 20. Hamza è diventato un eroe per aver dato la sua vita nel tentativo di salvare quella della sorellina di tre anni, Hinan. Il suo sacrificio, purtroppo, è stato inutile. Il cuore della piccola si è fermato per sempre ieri mattina in un letto dell'ospedale romano Bambino Gesù. «Hamza e la sorella più grande facevano già karate in Marocco ed erano cinture verdi - spiega l'istruttore di arti marziali Carlo Betti, quattro dan all'attivo - Qui avevano preso la marrone ed erano allievi modello. Un esempio perfetto di integrazione. Ragazzi con il cuore grande come una casa e un'educazione esemplare alle spalle. Mai un litigio, un battibecco. Le arti marziali dovrebbero insegnarci un rispetto universale, per tutti, e quei due lo avevano capito - prosegue Carlo - In più, immigrati extracomunitari, con il karate avevano acquisito sicurezza in loro stessi e capacità di stabilire rapporti con i ragazzi della palestra. Ultimamente Ibsi, come la chiamavamo noi, non veniva più perché doveva lavorare e Hamza aveva avuto un'infatuazione per il calcio. Proprio due settimane fa, però, il ragazzo era passato con il padre per dirci che voleva ricominciare. Purtroppo il destino non gli ha dato questa possibilità».

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