"Governo tecnico? Non è nell'ordine delle cose"
Era lì, seduto nelle prime file. Ha ascoltato il presidente dell'Unione Industriali di Napoli, Gianni Lettieri. E ha visto salire sul palco uno a uno i napoletani famosi nel mondo, Berlusconi che si felicitava con loro e per ognuno aveva una parola, una frase, un concetto. E poi ha visto il presidente del Consiglio che saliva sul palco, proprio lì, a pochi metri da lui. Qualche ora dopo Andrea Geremicca, uno degli amici più stretti di Giorgio Napolitano con il quale ha condiviso un pezzo di vita e di storia politica (guida la Fondazione Mezzogiorno-Europa nata dal Centro studi fondato dall'attuale presidente della Repubblica ndr) parla di questa mattinata napoletana. E non solo. Onorevole, che impressione le ha fatto Berlusconi? «Sembra che le cose gli passino addosso, anche le più pesanti, come quelle delle ultime settimane. Tanta disinvoltura si spiega a mio avviso col fatto lui ha un senso dell'etica, e non solo dell'etica politica, diversa dai tradizionale canoni». Insomma, sembra aver superato la fase di maggior crisi? «Mi pare di sì. Almeno quello che io ho ascoltato nell'intervento all'assemblea degli industriali era un Berlusconi che non fingeva, che davvero era convinto di farcela ancora a rimanere in sella». Lo avrà aiutato anche il presidente Napolitano con il suo intervento a placare le polemiche sino al G8... «Non credo che il presidente della Repubblica abbia fatto un intervento in favore di qualcuno. È stato un appello "normale", eppure nell'asprissima realtà politica italiana, alto, molto alto al di là di qualsiasi luogo comune. È stato un appello in favore del Paese, della responsabilità e della civiltà politica». Sta di fatto che appena qualche giorno fa si dava quasi per scontata la caduta di Berlusconi e la nascita di un governo tecnico. Che cosa ne pensa? «Un governo tecnico? Guardi, non sono in condizioni di escluderlo. Tuttavia non mi sembra nell'ordine delle cose possibili in un tempo breve-medio». Berlusconi adesso si prepara a conquistare anche la Regione Campania... «Procediamo con ordine. Abbiamo assistito a un intervento del presidente degli industriali napoletani, Gianni Lettieri, che giustamente il premier ha definito un vero e proprio programma politico-amministrativo. Con delle novità che non si possono ignorare». Quali? «Anzitutto di merito. Non si è limitato a chiedere una (ennesima) legge speciale per Napoli; ha proposto una legge obiettivo per Napoli, non sulla città dei sogni ma su alcuni obiettivi precisi». Scusi, e dov'è la differenza? «La differenza c'è, e come! Non si tratta di chiedere soldi ma selezionare alcuni obiettivi seri, come il Centro storico, Bagnoli, Napoli Est e su questi lavorare a progetti concreti, magari anche con poteri, forme di gestione, procedure, speciali». Il Cavaliere ha detto di sostenere questo progetto. «Evidentemente ha colto questa novità e l'ha sostenuta». Finora il premier aveva lanciato candidati della sua area politica. Stavolta candida Lettieri, con una storia tutt'altro che di destra, perché? «Perché l'uomo è così, pronto ad adeguarsi, ad adattarsi ai processi in movimento. Evidentemente considera il livello del centrodestra campano inadeguato a una proposta di governo seria e di rottura con il passato». In che senso? «Nel senso che il centrodestra locale ha mostrato di cedere alle lusinghe del potere, incapace di una vera alternativa politica e programmati e comunque appare logorato. Insomma Berlusconi non sembra disposto praticare i soliti vecchi schemi. La cosa mi sembra francamente interessante. Penso che dalla Campania potrebbe venire una proposta nuova, di una nuova area moderata. Il centrodestra ha fatto comunque capire di muoversi, il centrosinistra è fermo, arroccato su idee e posizioni del passato, sempre più precarie». Ma così alla Regione lei voterà per il candidato del Pdl? «Ho sessanta anni di militanza a sinistra, penso di potermi prendere la libertà di parlare liberamente, senza che qualcuno giunga a conclusioni bislacche...» Franceschini o Bersani: per chi fa il tifo? «Siamo all'inizio, i due candidati non hanno ancora reso noto il loro programma. Per ora posso solo dire che il Pd abbia bisogno di aria nuova». Che cosa sarà per lei determinante? «Ovviamente il Mezzogiorno come cartina al tornasole della politica nazionale. Quale candidato porrà questo tema tra le sue priorità e in che modo? Di sicuro la classe dirigente del Sud, non solo quella di sinistra ma principalmente essa, per le responsabilità di governo che ha avuto in questi anni, deve compiere una profonda autocritica. È necessario un ricambio forte, ampio, con un ripensamento pubblico, trasparente severo, guardando in faccia i fatti positivi ma al tempo stesso i limiti e gli errori.» Insomma, chi al Congresso del Pd si allea con Bassolino non avrà il suo voto? «Il problema non è questo. Il problema è che chi decide di allearsi ai protagonisti, nel bene e nel male, di una fase politica conclusa (per loro stesso riconoscimento), avrà il piombo nella ali. Volerà basso e non andrà lontano».