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La colpa è del clima creato dall'opposizione

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Esulla cassa di risonanza ch'essa ha cercato e trovato all'estero, anche con esoterici richiami a crisi di governo e a soluzioni pasticciate, di natura «istituzionale» o «tecnica». Esse hanno peraltro il torto di presupporre o sollecitare la disponibilità del Capo dello Stato ad aggirare gli elettori. Che non più tardi dell'anno scorso hanno assegnato a Silvio Berlusconi e alla sua coalizione una maggioranza nettissima, confermata nelle due importanti verifiche di questo mese, quando si è votato per il rinnovo del Parlamento Europeo e di una lunga serie di amministrazioni locali. Solo immaginare che in una simile situazione, e per giunta alla vigilia di un «delicato e importante appuntamento internazionale», come Giorgio Napolitano ha detto a proposito del G8, il Presidente potesse avere l'idea di assecondare, anche solo con il silenzio, tossiche operazioni contro il governo, è stato un insulto alla sua persona e alle sue funzioni. E ha probabilmente contribuito a provocarne la reazione di ieri, per quanto misurata e signorile nei toni, com'è nelle abitudini del Capo dello Stato. Il quale ha chesto «una tregua nelle polemiche», pur assicurando di «capire le ragioni dell'informazione e della politica». È ora augurabile che non salti in mente a nessuno, fra i più scalmanati che da quasi tre mesi rovistano tra la spazzatura per screditare il presidente del Consiglio e creare crepe nella sua maggioranza, di accusare anche Giorgio Napolitano di pratiche o tentazioni censorie. Ma se ciò accadesse, non ci sarebbe da stupirsi più di tanto. Il livello al quale è scesa la lotta politica in certi ambienti potrebbe riservarci anche questo spettacolo. È d'altronde già accaduto pochi giorni fa che proprio il Presidente della Repubblica abbia dovuto chiedere, anche allora con il solito e cortese metodo dell'auspicio, maggiore rispetto per le istituzioni, e anche per il suo personale ruolo, mentre il leader di uno dei partiti d'opposizione si vantava di essergli appena andato a chiedere un intervento in qualche modo eversivo contro una legge che è ancora all'esame del Parlamento. È quella che disciplina in modo più rigoroso le intercettazioni telefoniche, già approvata alla Camera anche con il ricorso al voto di fiducia, dopo quasi un anno di discussioni, in attesa ora del passaggio in aula al Senato. Il povero Napolitano è stato praticamente diffidato dal promulgarla se gli dovesse arrivare sulla scrivania, al Quirinale, senza le modifiche reclamate dalle opposizioni, che egli pertanto dovrebbe surrettiziamente sostenere minacciando il rinvio della legge alle Camere.

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