Se cade Silvio vanno tutti a casa

Parafrasando il venerabile Beda, profetizzo: «Quamdiu stat Silvius, stat et Roma; quando cadet Silvius, cadet et Roma; quando cadet Roma berluscona, cadet et mundus politicus». Se cade Silvio, vanno a casa tutti, a cominciare dai partiti basati sull'antiberlusconismo.   Di Pietro, come saggiamente esortò la sorella qualche anno fa, tornerebbe al suo vero e nobile lavoro di raccoglitore di olive; Franceschini, D'Alema, toghe rosse ed altri «compagni di Stato» rimarrebbero orfani di scosse istituzionali, naufragando nelle loro poche ma confuse idee. Il Csm, senza più il «nemico» Silvio, potrebbe esser contagiato dalla sindrome dei lemming. Il gruppo Repubblica-Espresso chiederebbe passaporto svizzero e trasferirebbe tutto il veleno a Zurigo. Famiglia Cristiana riscoprirebbe il bello dei panni sporchi in famiglia, descrivendoci analiticamente storie di pedofilia. Gianfranco Fini, che, sino ad oggi, con grande intelligenza tattica, le ha provate tutte per distinguersi da Silvio, se il Cavaliere cadesse, rischierebbe una devastante crisi d'identità, visto che dovrebbe reinventarsi ab imis, non avendo più senso l'immagine di contraltare di qualcuno che non c'è. Il Pdl non rimarrebbe in piedi neppure un minuto e dal sisma uscirebbero vivi Bossi al Nord e De Mita al Sud. E già mi immagino la corsa di questo o quella ministra, oggi fedelissimi, verso la Lega o la vecchia Dc restaurata. La fortuna di tutti, dunque,è che Silvio c'è, benché calunniato da ogni parte. Talvolta, però, gli arrecano più danno i difensori. Gli è nocivo, ad esempio, chi vorrebbe farlo insignire del Nobel per la pace, non solo perché è una gratuita esagerazione, ma anche perché, dopo il premio a Dario Fo, il valore del Nobel equivale ad un copeco d'epoca staliniana. Gli portano via serenità quanti s'intromettono pesantemente e senza titolo alcuno nelle vocazioni religiose dell'ultimogenito Luigi Berlusconi, suscitando le giuste e risentite repliche di donna Veronica. Silvio viene fatto passare dalla parte del torto dai giornalisti di casa, i quali mettono in mezzo a «puttanopoli» Lorenzo Cesa, quando bastava, semmai, sfotterlo solo un po', per le sciocchezze proferite nel luglio 2007. L'onorevole Udc, Cosimo Mele, allora, fu beccato con due donne e un po' di neve in un albergo di via Veneto; ebbene, Cesa, per giustificare il collega, fece harakiri, chiedendo più soldi, al fine d'evitare che i parlamentari fossero… costretti ad andare a puttane («Si parla tanto di costi della politica, ma al parlamentare bisognerebbe dare di più e consentire il ricongiungimento familiare»). Insomma, Silvio si deve guardare dagli «amici» signorsì, adulatori o secchioni.