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(...) al posto dei due titolari dell'impresa, i soliti Massimo D'Alema e Walter Veltroni.

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Isostenitori di Franceschini contano le preferenze dei deputati europei eletti dal segretario del Pd per cercare di trasportare quei voti nelle primarie. Il sogno è che le quattrocentomila schede di David Sassoli si trasformino in voti per Franceschini. Si annuncia una lite interminabile. Nasce da qui la ricerca del «terzo uomo». Ieri sulla Stampa ne ha parlato con la sua solita arguzia l'esperto Claudio Velardi che, atterrito dal confronto fra i «bolliti» Franceschini e Bersani, si augurava la discesa in campo «o di un pazzo o di Sergio Chiamparino». Un pazzo perché solo un personaggio fuori del comune potrebbe affascinare un Pd sfiancato. Oppure Chiamparino perché solo una persona seria come lui, nemica delle nomenklature, saprebbe risollevare un partito messo proprio male. In verità la candidatura di Chiamparino è il sogno proibito di molti. Lo è per i fassiniani che non accettano, come vorrebbe il loro leader, di appoggiare Franceschini. Lo è per alcuni veltroniani di lungo corso che temono soprattutto la vittoria di Bersani. Lo è per i prodiani perché Chiamparino è stato un leale ulivista. Lo è per alcuni dalemiani che non vogliono essere costretti a morire bersaniani. Ma la candidatura di Chiamparino sarebbe una boccata d'ossigeno soprattutto per il partito del Nord. Qui c'è la peggiore nota dolente per il Pd. Il recente voto ha segnalato che il Pd sta uscendo dalla scena politica nordista. Operai e ceti produttivi si rivolgono alla Lega e a nulla sono valse le dichiarazioni securitarie di molti amministratori «democratici». Chiamparino parlerebbe a quel mondo. E soprattutto al mondo confindustriale. Uno che si vede almeno una volta all'anno con Marchionne per fare due chiacchiere davanti a una pizza fumante sa quali sono i problemi dell'impresa. Poi la sua torinesità ne fa un campione del bello stile in politica e della concretezza dei fatti compiuti. Ma quante possibilità ci sono che Chiamparino ce la faccia? In verità il primo nemico di Chiamparino è Chiamparino medesimo. Il sindaco di Torino non se la sente di abbandonare la città prima della scadenza del mandato. Tuttavia se lo scontro interno al Pd si accentuasse fino a profilare una rottura drammatica nel gruppo dirigente, allora sarebbero in tanti a chiedere a Chiamparino di farsi avanti e lui non potrebbe dire di no. Una via d'uscita l'ha suggerita lo stesso sindaco di Torino quando ha chiesto che si svolgesse un congresso tematico e si congelasse la scelta sul gruppo dirigente. Molti sperano così che i due contendenti facciano un passo indietro e quel «pazzo» di cui parlava Velardi venga avanti e abbia la faccia di Sergio Chiamparino. Peppino Caldarola

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