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Nel Pd è caccia al "terzo uomo"

Dario Franceschini e Pierluigi Bersani

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La saggezza popolare insegna che tra i due litiganti il terzo, normalmente, gode. Sarà per questo che dopo la discesa in campo di Dario Franceschini, nel Pd è immediatamente scattata la caccia al «terzo uomo». Cioè il candidato che potrebbe contendere a lui e Pier Luigi Bersani la poltrona di segretario dei Democratici. Un'impresa tutt'altro che facile visto che sia Franceschini che l'ex ministro dello Sviluppo economico hanno già coalizzato attorno alle loro figure gran parte dei big del partito. Eppure c'è ancora chi spera nella possibilità di scardinare il meccanismo.   E se fino a pochi giorni fa il più indicato a vestire questi panni sembrava il chirurgo Ignazio Marino, nelle ultime ore il nome più accreditato è diventato quello del sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Al punto che lui stesso ammette: «È vero, non nego che ci sia un pressing forte, ma niente di più». Insomma i giochi non sono ancora definitivamente chiusi anche se Chiamparino, per ora, non sembra disposto a cedere alle lunsinghe. «Per adesso non ho cambiato idea - spiega - e né penso di cambiarla. Ho un vincolo e un mandato da rispettare. Inoltre, il punto non è chi si candida perché ritengo ci sia un problema non di persone, ma di metodo. Il metodo con cui si affronta questa fase politica del partito e ne parlerò alla Direzione». Cioè ne parlerà stamattina quando a via del Nazareno si riunirà l'organismo che dovrà decidere tempi e modi del percorso che porterà il Pd verso il congresso. E il clima è tutt'altro che tranquillo. Anche perché le parole pronunciate da Franceschini mercoledì («mi candido perché non voglio riconsegnare il partito a chi c'era prima di me, molto prima di me») hanno surriscaldato gli animi. «Franceschini - spiega Pierluigi Castagnetti, molto vicino al leader - ha espresso soprattutto una critica rispetto a metodi precedenti per evitare di essere imprigionati nella dinamica personalistica che ha caratterizzato una generazione di dirigenti dei Ds». Ma a Bersani quella critica non è piaciuta tanto che, piccato, commenta: «Sentiamo tutti l'esigenza di aprire la strada alle nuove generazioni ma il problema è vedere come. Io comincerò dai giovani, però non parlerò loro di vecchio e di nuovo, parlerò dell'Italia». E lo farà il primo luglio quando, al teatro Ambra Jovinelli di Roma, presenterà la sua piattaforma congressuale. Oggi, intanto, saranno in molti a presentare documenti e mozioni perché vengano votate dalla Direzione nazionale. A partire da Enrico Morando, uomo vicino a Walter Veltroni che pur non schierandosi apertamente con Franceschini, spinge per un chiarimento politico all'interno del partito. Mentre l'area «A sinistra» presenterà un ordine del giorno che prevede la modifica del sistema di elezione popolare del segretario chiedendo che le primarie siano riservate agli iscritti. Ma nelle ultime ore ha ripreso quota anche il «partito del rinvio». Al punto che sette dirigenti del Pd piemontese hanno rilanciato la proposta di spostare l'assise al 2010 sostituendola con una conferenza programmatica che definisca «quella chiara piattaforma politica che ancora manca al nostro partito». Come sempre, quando si tratta del Pd, i giochi sono apertissimi.

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