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Bonaiuti: "L'Udc lasci la politica dei due forni"

Il sottosegretario Paolo Bonaiuti avverte che il condono non sarà approvato

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Ballottaggi, governo, G8. Ma anche crisi economica, strategie future e ovviamene il gossip sul premier delle ultime settimane. Paolo Bonaiuti, portavoce del governo e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è protagonista attivo dello scenario politico. Nell'ultima settimana, e cioè dopo i ballotaggi dello scorso weekend, qualcosa è cambiato. Il risultato elettorale è per molti - nella maggioranza e non solo - start point della fase due di questa legislatura. Come se in qualche modo, il dato delle urne avesse ridisegnato la mappa politica dell'Italia. E il portavoce del governo lo spiega: «Delle 62 province chiamate al voto, il centrodestra ne governava 9 e ora sono diventate 34. Abbiamo moltiplicato per 4 il numero dei cittadini governati da nostre amministrazioni. Siamo di fronte a una colossale vittoria. Siamo riusciti a strappare anche comuni considerati roccheforti della sinistra. Basti pensare a Prato, terza città del centro Italia, grande distretto tessile, che per ben 63 anni senza interruzioni è stata governata da una giunta rossa. O ad altre realtà, come Orvieto, in Umbria, o Sassuolo, in Emilia Romagna, per non parlare della provincia di Venezia». Una possibilità di alleanza con l'Udc, ago della bilancia in molte situazioni locali, può essere considerata definitivamente tramontata? «In politica, mai dire mai. L'Udc però non può sperare di rinverdire la cosiddetta "politica dei due forni", una volta di qua e l'altra di là. Anche perché il loro elettorato ha già dimostrato più volte nei fatti di essere con il centrodestra». Il Financial Times riporta un'azione all'interno della maggioranza per organizzare il dopo Berlusconi. Pura fantapolitica? «In questi giorni parte della stampa estera riporta molti chiacchiericci ispirati da altrettanti giornali italiani che puntano a screditare il Presidente Berlusconi, il Governo e la maggioranza. In inglese questo malvezzo si chiama wishful thinking, la tendenza a confondere i desideri con la realtà». Si parla tanto di un possibile conclave a luglio del governo a Santa Margherita Ligure e di una fase due. L'iniziativa di questo tipo non ricorda troppo da vicino l'iniziativa di Caserta voluta da Prodi per un governo morto dopo pochi mesi? «Nella reggia di Caserta il governo Prodi fece "ammuina", vale a dire un grande movimento dall'alto al basso, da destra a sinistra, tanto per confondere le idee, senza capo nè coda. Il governo in carica è invece il governo dei fatti. Proprio ieri Berlusconi ha ribadito la sua fiducia verso tutti i componenti della squadra di governo, che stanno lavorando benissimo. Sarà comunque opportuno, dopo un anno di lavoro così intenso e proficuo (dall'eliminazione dei rifiuti a Napoli e in Campania all'emergenza Abruzzo e al dopo terremoto fino alla immediata reazione nei confronti della crisi globale), fare il punto sulle cose fatte e tracciare la strada per i prossimi mesi». Qualche giorno fa il presidente Cossiga ha detto che il colpo davvero grosso sarà sparato a ridosso del G8. E lei gli ha dato ragione. Perché? Cosa si aspetta? «Cossiga è politico di rara intelligenza e lungimiranza. Sono sempre affascinato dalle sue ipotesi. Ma concordo pienamente con il Presidente Berlusconi che ieri a L'Aquila ha ribadito come questa campagna denigratoria non potrà avere alcuna conseguenza sul vertice del G8». Berlusconi, qualche tempo fa, scherzando disse: «Meno male che Dario c'è». Lei, tra Franceschini e Bersani quale segretario preferirebbe? «Gli ultimi risultati elettorali confermano la continua perdita di consensi del Pd da Veltroni a Franceschini. La scelta del nuovo leader tocca ai delegati del Pd e rivolgiamo auguri ai nostri avversari. Certo è che se Franceschini lasciasse la segreteria, sarebbe l'ottavo leader della sinistra costretto ad alzare bandiera bianca di fronte a Berlusconi».

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