Referendum lontano dal quorum
Solo un elettore su dieci è andato alle urne per dire la sua sul referendum elettorale. Troppo pochi per consentire nella mezza giornata di oggi di raggiungere il quorum necessario a rendere valida la consultazione. Sono i dati sull'affluenza che nella serata di ieri hanno consegnato questo verdetto: alle 12 solo il 4% era andato a votare, mentre alle 19 la percentuale superava di qualche decimale l'11%. E alle 22 il dato si era alzato di poco arrivando a superare appena il 16%. E così è molto probabile, come ha ipotizzato il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni, che raggiungere il quorum entro oggi alle 15 si riveli un'impresa disperata. La verità, è stato osservato anche nella maggioranza, è che ormai il referendum è un istituto «morto, inflazionato». La gente non ha più alcuno stimolo a parteciparvi. Questo si dice ogni volta, ha commentato La Russa, «ma il dato sul quale dovremmo tutti riflettere è che la normativa sul referendum andrebbe ritoccata». E il ministro del Pdl ha avanzato una proposta: aumentare il numero delle firme per proporlo, ma ridurre il quorum a non oltre il 35%. «È un peccato davvero», ha osservato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che l'affluenza alle urne sia così bassa». Oltre al problema della scarsa affluenza, per il presidente del Comitato promotore del referendum Giovanni Guzzetta, c'è stata anche un'altra difficoltà: quella delle «intimidazioni del ministro dell'Interno Roberto Maroni» che avrebbero avuto effetto sui presidenti di seggio. In molti casi, anche a Milano, denuncia Guzzetta, le schede non sarebbero state date spontaneamente agli elettori, ma solo dietro «pressante richiesta». E si sarebbe detto ad una donna che se non votava per i ballottaggi non avrebbe potuto esprimersi neanche per il referendum. Guzzetta, replica il senatore della Lega Alberto Filippi, «farnetica». Il «flop» della consultazione, aggiunge, «non dipende certo dalle cosiddette intimidazioni di Maroni, ma dall'intelligenza dei cittadini che non vogliono una dittatura parlamentare in stile peronista». Molti esponenti delle istituzioni e del mondo politico hanno comunque votato. Oltre al capo dello Stato Giorgio Napolitano e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi hanno ritirato, tra gli altri, le schede per rispondere ai tre quesiti referendari anche Massimo D'Alema e i sindaci Alemanno e Letizia Moratti.