Meno Lucignolo e più riforme in Parlamento
Leestati «calde» - secondo i gossip - di Villa Certosa corrispondono a quelle in cui il format di Italia Uno si è affermato. E non è un caso che proprio la Sardegna del Billionaire fosse l'epicentro di questo programma che ha così tanto attratto le fantasie dei più giovani. Berlusconi, sia chiaro, con il palinsesto Mediaset non c'entra nulla così come ci sembra che non abbia commesso alcun reato. Ma un conto è processare i costumi pubblici e privati dei singoli (terreno scivoloso) e ben altro è discutere il contesto culturale dei comportamenti sociali. A meritare una vigorosa autocritica dovrebbe essere infatti quella dottrina edonistica che si è affermata (anche) nel nostro Paese negli ultimi vent'anni. Il consenso del Berlusconi politico, infatti, non può essere compreso senza avere la consapevolezza dell'importanza storica del ruolo di Berlusconi imprenditore televisivo. Prima di fondare Forza Italia, il Cav inventava Canale 5 e prima di battere la sinistra, sconfiggeva la Rai. Il premier è sintonizzato con l'opinione pubblica perché ne è parte. Il modello della tv commerciale - basato sul concetto di libertà ed intrattenimento evasivo - negli anni si è imposto ed è divenuto la regola. Il passo dal Drive In a Lucignolo è stato breve. Lele Mora e Corona piuttosto che programmi come Amici e La Fattoria, solo per fare degli esempi, sono l'effetto perverso di questo modello. È evidente che la tv, non solo in Italia, promuove più facilmente i modelli dei «vincenti»: di veline, calciatori e arricchiti di vario genere. L'impressione è che da noi si sia un po' esagerato. Finché la velina balla a Striscia la Notizia va tutto bene; ma quando invade quasi tutti gli spazi televisivi ed approda nelle istituzioni, qualche problema c'è. Il Paese certamente non ha bisogno di una sterzata bigotta o moralista: sarebbe comunque fallimentare. Serve però una programmazione diversa, in tutti i sensi. I nostri giovani non possono crescere con il culto di Bulli e Pupe, per citare un'altra trasmissione di successo. La ricchezza - che non è un disvalore - deve essere il prodotto di un lavoro, di un impegno, non di una scorciatoia. È tutto colpa di Berlusconi, anche tutto quello che passa in tv? Assolutamente no, ci mancherebbe. Tuttavia, le vicende di queste settimane possono rappresentare la nemesi del berlusconismo oppure l'occasione della sua catarsi. In quest'ultimo caso, ci permettiamo di suggerire l'adozione della formula «meno Lucignolo in tv, più riforme in Parlamento». Paolo Messa