Italia al voto, tra veleni e quorum

Non sarà un semplice voto. E non stabilirà solo chi amministrerà per i prossimi cinque anni comuni e province che sono andate al ballottaggio. Il voto di oggi e domani sarà anche un termometro per misurare, in parte, quanto gli ultimi veleni rovesciati su Silvio Berlusconi su donne e feste abbiano intaccato la sua immagine. In molte città Pd e Pdl sono andati vicinissimi al primo turno. Come a Torino, a Venezia, a Bari. E proprio nel capoluogo pugliese bisognerà vedere con più attenzione quello che succederà. Se cioè le indiscrezioni arrivate dalla Procura hanno influito sul voto. Il candidato del Pdl, Simeone Di Cagno Abbrescia, al primo turno ha raggiunto il 46 per cento, tre punti sotto al candidato del centrosinistra, Michele Emiliano, che ha avuto il 49,1% e che potrà contare anche sull'appoggio dell'Udc. Più facile, sulla carta, la sfida di Milano, dove Guido Podestà è in vantaggio di 10 punti. Complessivamente saranno oltre 47 milioni e mezzo gli italiani che sono chiamati alle urne anche per pronunciarsi sui tre quesiti referendari che riguardano la legge elettorale. Per i soli ballottaggi gli elettori coinvolti sono invece 13,7 milioni. I seggi resteranno aperti dalle 8 alle 22 di oggi e dalle 7 alle 15 di lunedì. Per i referendum, il primo scoglio da superare sarà quello del quorum, la soglia del 50% più uno dei votanti necessaria perché la consultazione sia valida. La norma al centro della consultazione è la 270 del 2005, ossia l'attuale legge elettorale, che è fondata su un sistema proporzionale corretto con premio di maggioranza attribuito alla coalizione e che consente a uno stesso candidato di correre in più circoscrizioni. Due aspetti che il referendum punta a cancellare e modificare. Chi vuole abrogare queste parte della legge, dovrà apporre un segno sul «Sì», chi vuole mantenere la normativa vigente dovrà tracciare un segno sul «No». Tre le schede per altrettanti quesiti: una viola, una beige e una verde. Quella viola e quella beige riguardano in sostanza la stessa materia, ma la prima di riferisce alla Camera e all'elezione dei deputati, la seconda al Senato e all'elezione dei senatori. Ciò che si propone di abrogare, in entrambi i casi, è la possibilità di collegamento tra liste con l'attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione più votata.   Se dovessero vincere i «Sì», il premio di maggioranza andrebbe alla singola lista, e non più alla coalizione di liste, che ottiene più voti. Ci sarebbe poi un ulteriore effetto: si innalzerebbero le soglie di sbarramento e per ottenere rappresentanza parlamentare, le liste dovrebbero raggiungere il 4% alla Camera e l'8% al Senato. Il quesito della scheda verde riguarda invece le candidature e propone di abrogare la possibilità che una stessa persona possa candidarsi in più collegi contemporaneamente.