In ballo c'è il destino dell'Italia
Non vi era dubbio,invece, che il sistema mediatico internazionale, il quale risponde ad alcuni nomi che non amano il Cavaliere per motivi extra-politici, si sarebbe mosso a tempo debito per metterlo in difficoltà e fargli pagare talune sue presunte "scortesie" nel campo degli affari. Era prevedibile ed è puntualmente accaduto. Nessuno, però, poteva prevedere che Berlusconi non prendesse contromisure e si fasciasse quantomeno il tallone d'Achille che lo rende vulnerabile, vale a dire uno stile di vita disinvolto che, forse, riteneva al riparo dal gossip, dalla denigrazione, dalla calunnia, dallo scandalo. Una sottovalutazione dei suoi "aggressori" che cara gli sta costando. Se si hanno molti nemici e se a questi si aggiunge un'opposizione politico-parlamentare resa impotente dalla sconfitta elettorale e frastornata dalla contemporanea crescita del consenso del vincitore nel Paese, è inevitabile che contro il "padrone d'Italia", come impropriamente è stato definito dalla sinistra giustizialista più becera, si scateni l'apocalisse nelle forme che stiamo vedendo. Sarebbe stato, dunque, più che normale per il Cavaliere approntare una controffensiva potendo contare sul ruolo pubblico che gli consente di prendere tutte le misure per tutelarsi. In primo luogo avrebbe dovuto rinunciare a qualche svago di troppo (peraltro neppure sfiorato dall'illecito penale) affinché nessuno potesse insinuarsi nelle pieghe della sua vita allo scopo di stravolgerla e comprometterne l'immagine. In secondo luogo avrebbe dovuto mostrare una maggiore accortezza nel circondarsi di "famigli" dall'oscuro passato, dal precario presente e dall'incerto avvenire che pur di compiacerlo hanno introdotto nelle sue residenze chiunque, come stiamo apprendendo. Anche se i buoi ormai sono già scappati, non sarebbe male che Berlusconi licenziasse la pletora di servi, leccapiedi e opportunisti che si sono intrufolati a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa. Sono anche questi oggettivamente suoi nemici, più di qualche occasionale puttana, che si saldano a quelli storici, politici e finanziari che cercano di demolirlo da sempre e, non riuscendoci per via democratica, ci provano con altri mezzi. Adesso il presidente del Consiglio è in mezzo al guado e ci si chiede quanto potrà reggere. Inutile nascondercelo: sarà impervia la risalita della china. Ma non è detto che non ce la faccia. A una condizione, naturalmente: assuma un basso profilo, si liberi dei maggiordomi avventizi o in servizio permanente effettivo che lo blandiscono e accetti qualche volta di essere contraddetto perché chi lo fa non è contro di lui, ma con lui. E riprenda a fare politica ricominciando dal riconoscere il valore di chi è stato messo in ombra perché non appartenente alla casta dei ciambellani. Anche il Cavaliere sa bene, come ha denunciato il presidente Fini, che cresce la sfiducia (quanti andranno a votare oggi e domani?) nella politica. Una democrazia può facilmente degenerare in oligarchia. In tali casi si spalanca la prospettiva della decadenza, premessa al disfacimento morale e civile di un Paese. Se, come quasi tutti gli osservatori concordemente ammettono, il governo non corre rischi almeno per ora, che la stabilità non è in discussione, si riprenda la strada che dovrebbe riavvicinare la gente alle istituzioni ed anche l'opposizione, smettendola di cavalcare la cronaca rosa o viola, si adoperi affinché il rischio dell'allontanamento dalla politica venga scongiurato. Magari ricominciando a discutere del futuro di questa legislatura che non può che essere "costituente", come venne definita anche dagli sconfitti alle elezioni di un anno fa. Diversamente, non ci resta che l'attraversamento, senza bussola, di un deserto del quale non si conoscono i confini. Insomma, se non si è ben capito è meglio ribadirlo: in discussione non c'è il personale destino politico del Cavaliere, ma l'avvenire dell'Italia. Un "dettaglio" per qualcuno, forse, di fronte al quale non si può restare indifferenti.