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Fiat non lascia il Sud

Sergio Marchionne

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Governo, Fiat e sindacati su un cosa sembrano d'accordo al termine dell'incontro convocato a Palazzo Chigi sulla proiezione internazionale e sulle conseguenze dell'alleanza produttiva con la Chrysler: in Italia nessuno sarà lasciato a piedi. Niente ristrutturazioni selvagge soprattutto nel Mezzogiorno e, al massimo, una razionalizzazione di quello che finora è apparso come il vero punto debole della struttura produttiva del Lingotto. Solo un'incertezza sulla nuova missione produttiva dello stabilimento bilanciata, d'altro canto, con l'annuncio di una nuova piattaforma a Pomigliano D'Arco. I soli a soffrire saranno i settori di interesse della Cnh, la controllata che si occupa delle macchine industriali per la terra e l'edilizia e per i quali è previsto un piano di esuberi. Questo il piano di azione a breve termine definito realistico che l'ad, Sergio Marchionne, ha delineato ieri a sindacati e governo. Un realismo dettato anche dal fatto che lui e l'azienda torinese ce la vogliono mettere tutta per rientrare nel gioco mondiale dei produttori di automobili ma nonostante gli sforzi per superare la crisi «mantenere gli equilibri occupazionali, di fronte all'emergenza che stiamo vivendo nei mercati, non è un compito facile». Bastone e carota, in altre parole. Impegno ma anche una richiesta di responsabilità da parte di tutti. Non sarà facile per Termini Imerese rimanere indenne dalla razionalizzazione. Il sito non interessa più alla Fiat per la produzione auto. E la replica del sindacato è stata immediata: «Questa è un'affermazione troppo generica» ha spiegato al termine dell'incontro il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, preoccupato che l'annuncio del Lingotto sia un primo passo verso la chiusura dell'impianto dal 2011 a meno di un intervento delle autorità locali o nazionali che cambi radicalmente il contratto di programma. La Cisl ha chiesto per questo «un patto» per garantire tutte le fabbriche Fiat e tutti i posti di lavoro: anche per Termini, su cui, afferma il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, «noi abbiamo insistito moltissimo e il governo pare sia interessato». Piena disponibilità alla gestione della fase critica del mercato arriva dalla Uil anche se il segretario, Luigi Angeletti, avverte che il sindacato farà la sua parte solo se si rinuncerà a «logiche di ridimensionamento». La strada, al momento, sembra aperta: nelle «aree di maggiore crisi, Pomigliano d'Arco e Termini Imerese, ci saranno contratti di programma con risorse in parte pubbliche in parte private che possano accompagnare il processo di ristrutturazione» ha annunciato il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola presente all'incontro presieduto da Silvio Berlusconi che ha riportato a Marchionne le lodi del presidente Usa Obama Intanto degli interventi se ne discuterà ai tavoli che il governo intende avviare con sindacati e regioni. Saranno tre in particolare. «Uno ha come obiettivo quello di seguire l'andamento del mercato, dell'occupazione e gli investimenti che faremo insieme a Regioni e sindacati» ha detto Scajola. Il secondo tavolo si occuperà di ricerca e innovazione e un terzo tavolo si occuperà di componentistica e macchine movimento terra e di quelle collegate a settore edilizia. Le regioni metteranno sul piatto un investimento complessivo, comprensivo di un contributo del governo nazionale, stimato in circa 900 milioni di euro da spalmare in quattro, cinque anni per rilanciare il settore auto. La speranza ora è supportata anche dall'impegno di tutti gli attori.

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