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«Diamo fiducia e responsabilità ai giovani»

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Eproprio in questi giorni caldi, gli esami diventano una sfida, in Italia come nel resto dell'Europa, che mette a dura prova insegnanti, genitori e ragazzi. Cantet, cosa consiglia agli studenti sotto esami? «Di essere se stessi. In Francia il dibattito sulla scuola è antico di decine di anni. Ma è ideologizzato, con risposte a problemi assolutamente prevedibili. Con il film «La classe» ho voluto far emergere questioni ben più importanti, come quelle pedagogiche e quelle legate alla trasmissione dei saperi. Una classe è un microcosmo dentro il quale si realizzano, in maniera molto concreta, le questioni dell'eguaglianza e della disuguaglianza delle possibilità, del lavoro e del potere, dell'integrazione culturale e sociale, dell'esclusione». Quanto ha influito sulle sue conoscenze del mondo della scuola il libro di Bégaudeau? «Non avrei potuto girare "La classe" senza François Bégaudeau e il suo libro "Entre les murs", cronistoria di un anno scolastico raccontata da un vero prof. Il personaggio di François è un insegnante complesso che intratteneva un rapporto diretto con gli allievi. Ragazzi di oggi che magari in aula mandano un sms o si distraggono e parlano tra loro. Da quel libro ho capito quanto sia importante dare fiducia agli allievi e portarli per mano ad amare lo studio. Durante le lezioni c'è sempre molta intelligenza che si mette in gioco, anche quando ci sono malintesi, litigi o sfide tra docenti e alunni. È questa intelligenza che noi dobbiamo tirar fuori dai nostri ragazzi». I professori dovrebbero perciò insegnare prima di tutto l'amore per lo studio? «Sì. Pochissimi professori rischiano davanti ai loro studenti: il rischio è quello di sbandare, di fallire. È certamente più facile cercare di trasmettere questo o quel sapere, questa o quella parte del programma, piuttosto che mettersi in gioco da un punto di vista relazionale. Questo richiede sangue freddo, che molte persone forse rimproverano al personaggio di François, ma che molti altri certamente gli invidiano. C'è del Socrate in questo insegnante. La sua pedagogia consiste nell'andare sempre a "cercare" gli studenti per responsabilizzarli». Qual è per lei il metodo migliore d'insegnamento? «Un metodo che consenta di andare anche là dove i ragionamenti degli allievi si arrestano un po' troppo presto per risultare validi o accettabili in una discussione. Si può parlare di democrazia a scuola. In questo il mio film mostra un'utopia. Non una veduta spirituale, non l'affermazione di come la scuola debba essere, ma la sperimentazione di quello che potrebbe essere. Il mio film ha anche dimostrato quanto sia sbagliato descrivere gli adolescenti come persone stupide, ignoranti, distratte, violente o arroganti».

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