Il ritorno di D'Alema: "Il Pd sia pronto Ci saranno altre scosse nel governo"
{{IMG_SX}}Di qui l’affondo: secondo D’Alema la maggioranza sarà interessata da «scosse». Precisamente ha detto: «La vicenda italiana potrà conoscere delle scosse, non c’è dubbio. Berlusconi è animato dal mito dell’eterna giovinezza, un mito pericoloso». Per scosse, ha precisato successivamente, si intende «momenti di conflitto, di difficoltà, anche imprevedibili, che richiedono un’opposizione in grado di assumersi le proprie responsabilità». Ora, D’Alema è uno dei più grandi disarticolatori di coalizioni. Ha sfasciato quella che doveva portare Veltroni alla sicura segreteria del Pds tra Berlusconi e Bossi nel '94, ha affossato quella di Prodi nel '98, e via discorrendo sino a mettere in crisi Veltroni per portarlo alle dimissioni. È il più bravo nel mettere in difficoltà. Quello che non sa fare è la parte construens. Tutte le volte che gli è capitato - a cominciare da quando è stato presidente del Consiglio - ha fallito. Ora ci riprova. Bonaiuti bolla il tutto come un colpo di sole: «Ma di quali scosse sta parlando D'Alema? La sinistra non vuole forse rispettare il voto democratico liberamente espresso dagli elettori? L'ipotesi più probabile è che D'Alema abbia sofferto di un colpo di caldo». Per Quagliariello le trame eversive falliranno. Per Gasparri D'Alema gioca al complotto. Cicchitto invece non commenta le parole dell'ex premier e precedentemente aveva rilasciato una dichiarazione inquietante: «Stando a quello che ha dichiarato il fotografo Zappadu, mi sembra evidente che, indipendentemente dal fatto che non è stato raggiunto alcun risultato, nelle intenzioni di qualcuno, ispirato o utilizzato da un nucleo eversivo, la funzione del fucile a cannocchiale doveva essere svolta da una macchina fotografica, che ha spiato la villa del premier per ben due anni». D'Alema è emarginato da tutto. Fuori dal suo partito. È forte ma solo tra i suoi. Non ha i numeri per candidarsi alla leadership, quelli che non lo voterebbero al momento sono di gran lunga di meno di coloro che invece lo sosterebbero. È costretto a sostenere la candidatura di Bersani che, se andasse in porto, significherebbe la sua definitiva uscita di scena perché nel caso non potrebbe nemmeno aspirare alla presidenza del partito. Non gli resta che mostrare i muscoli, farsi vedere all'interno del partito più che mai desideroso di una opposizione decisa. E che se c'è qualcuno lì in mezzo in grado di interpretarla, questo si chiama D'Alema. Ieri ad eccezione della prodiana Zampa e del rutelliano Zanda, gli hanno fatto il vuoto attorno. Ormai è colto da una senile sindrome dell'emarginato. Sta cercando di rientrare nella partita con un nuovo profilo. Una sorta di «statista tra gli statisti». Si mette in mostra, prova a salire un gradino. Sa che Berlusconi si sente minacciato da un piano eversivo. Sa che una foto imbarazzante in pieno G8 può far precipitare la situazione. Sa anche che il premier è esposto su più fronti e qualche missile potrebbe andare a segno. E allora il pallino tornerà nelle mani di Giorgio Napolitano. Che non è Scalfaro. Nel senso che non avallerà volgari ribaltoni, tanto meno si metterà a manovrare dietro le quinte per far cambiare di segno la maggioranza. Anzi, il Capo dello Stato ha una sorta di complesso: sa che è stato votato da metà Parlamento e il suo cruccio di mandato è quello di rappresentare anche l'altra metà, quel pezzo di Paese oggi largamente maggioritaria. Dunque, D'Alema deve sperare di rientrare in gioco creando l'asse degli statisti. Con Giulio Tremonti, il candidato in pole position a sostituire Berlusconi in un eventuale precipitare della situazione. I due hanno consiglieri in comune a cominciare da Marta Dassù, che guida l'Aspen Institute. Cerca il dialogo con Gianfranco Fini, visto che le rispettive fondazioni (Italianieuropei e Farefuturo) collaborano attivamente anche se con qualche piccolo screzio. Mettersi però a cavalcare le foto di Zappadu non è un bel modo per rientrare nel gioco degli statisti. Lo stesso ex premier se ne rende conto e a sera prova a correggere le sue frasi: «È Berlusconi - spiega D'Alema - a produrre instabilità e a scuotere l'equilibrio di governo con la denuncia di presunti complotti che rivelano soltanto fragilità e l'insicurezza di chi oggi guida il Paese». Anche stavolta la partita è la stessa. D'Alema è bravo, questo non glielo si può negare, a lanciarsi nel punto debole dell'avversario. Berlusconi da qualche settimana lo soffre. Patisce le sue battute ficcanti e salaci. È l'unico che ha citato nei comizi e anche nei discorsi privati. D'Alema riesce ad esasperarlo. Non sempre. Ma qualche volta sì. E qui finisce quello che sa fare in campo. Perché al momento in cui deve ritagliarsi un ruolo Baffino fa solo casino. Come tre giorni fa. Prima ha detto che la decisione di Fini di annullare l'incontro con Gheddafi era ineccepibile. Poi ha corretto spiegando che il colonnello non s'era fatto vedere per un malore. Che deve essere passato presto visto che un'ora dopo era a camminare per piazza del Popolo. Sono scivoloni che capitano a chi sente di non avere un ruolo e cerca di giocarne uno.