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Nuove Br, 14 condanne

Alfredo Davanzo ed altri condannati nel processo sulle Brigate Rosse

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Sbarre che sembrano piegarsi per la rabbia, pugni alzati, Internazionale come leit-motiv. Ma anche mani sui volti di chi assiste alla sentenza, quelle dei genitori. Figli dell'eversione, ma pur sempre messi al mondo da chi ora in aula se li vede strappati via da un'ideologia folle, rinchiusi in una cella buia come l'utopia. Non ha importanza che si chiamino «Nuove» e che non abbiano nulla a che vedere con le storiche Br: l'eversione esiste ancora, magari sotto forma semplicemente sovversiva, ma ancora capace di organizzarsi. E di «meritare» un processo. Quello che si è concluso ieri a Milano nell'Aula-bunker di San Vittore: le condanne sono state sensibilmente più basse di quelle chieste dal pm Ilda Boccassini ma, per i giudici della prima Corte d'Assise, 14 dei 17 imputati nel processo a carico del Partito comunista politico-militare, le cosidette «Nuove Br», sono colpevoli di associazione a delinquere, banda armata, detenzione di esplosivi e di armi. Vanno assolti invece in tre. Ieri, poco prima delle 11, il presidente Luigi Cerqua ha letto la sentenza: condannati a 15 anni (a fronte dei 22 chiesti dall'accusa) Davide Bortolato e Claudio Latino, considerati i leader delle cellule padovana e milanese; a 13 anni e 10 mesi di reclusione Vincenzo Sisi, capo dell'emanazione torinese del gruppo; a 11 anni e quattro mesi Alfredo Davanzo, un passato nella lotta armata nei Colp (Comunisti organizzati per la liberazione proletaria) e ritenuto l'ideologo del Pcp-m; 11 anni e un mese per Bruno Ghirardi; dieci anni e 11 mesi per Massimiliano Toschi. Poi, otto anni e tre mesi per Massimiliano Gaeta mentre sette anni sono stati inflitti a Salvatore Scivoli che, nella ricostruzione degli agenti della Digos, svolgeva - grazie ai suoi addentellati nella criminalità organizzata - il ruolo di armiere. A seguire, le condanne minori per chi, stando agli investigatori, svolgeva il ruolo di infiltrazione e propaganda nelle fabbriche e nelle scuole, oppure aveva fornito supporto logistico per le esercitazioni con armi da fuoco: tre anni e sei mesi per Amarilli Caprio, unica donna tra gli arrestati il 13 febbraio del 2007, per Alfredo Mazzamauro, Davide Rotondi e Federico Salotto; tre anni e otto mesi ad Andrea Scantamburlo fino ai dieci giorni di arresto per Giampiero Simonetto, accusato di aver acquistato delle cartucce per un fucile utilizzato per le esercitazioni, ma assolto dalle altre accuse. «Il gruppo era stato fermato prima che facesse vittime», la convinzione del pm Boccassini. Secondo l'accusa, tra gli obiettivi designati il gius-lavorista Pietro Ichino (gli spetta un risarcimento di 100mila euro), di cui gli imputati parlavano nelle intercettazioni telefoniche e ambientali che, con i pedinamenti, portarono agli arresti dell'operazione Tramonto. Un nome coniato non a caso poiché l'azione coordinata intendeva porre fine all'attività di un gruppo ispiratosi alla «Seconda posizione» delle Br: ovvero, l'ala «movimentista», contrapposta dopo la scissione nell'84 a quella «militarista». I giudici hanno riconosciuto un milione di euro di risarcimento alla Presidenza del Consiglio, costituitasi parte civile come Ichino. Invece nessun risarcimento per il movimento di estrema destra Forza Nuova che vide danneggiata la propria sede padovana nel novembre del 2006. Per questo capo di imputazione, infatti, gli indagati sono stati assolti per non aver commesso il fatto, così come per alcuni colpi di pistola esplosi nel 2003 all'interno della sede milanese di Forza Italia. Per tali motivi, sono stati quindi assolti da tutte le accuse Michele Magon, Andrea Tonello e Alessandro Toschi. A tendere la mano ai condannati lo stesso Ichino. «Resta valida la proposta che ho fatto agli imputati - ha detto dopo la lettura della sentenza - fin dall'inizio del processo: incontriamoci, riconosciamoci reciprocamente come esseri umani, discutiamo delle nostre idee diversissime ma chiarendo che nessun dissenso politico può giustificare l'aggressione fisica gli uni contro gli altri». E il professore ha concluso: «Finora questa proposta non ha avuto risposta. Se verrà accolta, sono tuttora pronto a rinunciare a qualsiasi altro risarcimento».

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